Chiaia, la pista dei due omicidi: «Il killer un giovane col casco»

Chiaia, la pista dei due omicidi: «Il killer un giovane col casco»
di Giuseppe Crimaldi, Leandro Del Gaudio
Mercoledì 30 Novembre 2016, 08:24 - Ultimo agg. 4 Maggio, 17:10
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Lo andava dicendo da giorni, se non da mesi: «Ho alzato un polverone, prima o poi mi ammazzano, mi faranno fuori». Lo raccontava agli amici di sempre - per lo più professionisti napoletani che lo stimavano e gli volevano bene - ripetendo sempre la stessa storia, come un'ossessione: «Mio padre è stato ucciso, voglio giustizia per mio padre e non avrò pace fino a quando non vedrò il colpevole sotto processo». Parole che assumono un suono sinistro, a quarantotto ore dall'omicidio di Vittorio Materazzo. Parole che l'ingegnere 51enne aveva confidato alle persone più intime, ma anche - ovviamente senza offrire riscontri concreti - ai pm della Procura napoletana.
 
Anzi: negli ultimi tempi, Vittorio Materazzo era sembrato preoccupato sì, ma anche ringalluzzito, grazie a una svolta formale che per lui rappresentava una speranza concreta di riaprire il caso della morte del padre. Già, perché la Procura aveva riaperto le indagini, seguendo proprio il contenuto di una sua recente denuncia: un caso riaperto non per omicidio, ma per un'ipotesi di falso legata a uno dei documenti riconducibili alla scomparsa dell'anziano genitore. E non è un caso che, appena sette giorni fa, accompagnato dall'avvocato e amico Luigi Ferrandino, Vittorio Materazzo era tornano in Procura. E aveva ottenuto la consapevolezza della decisione dei pm di Napoli di svolgere nuovi accertamenti (seppure per un'ipotesi di falso), insomma, di riaprire una vicenda archiviata diversi mesi fa. Eccolo il possibile antefatto della morte di un uomo di 51 anni, del professionista che si era battuto per andare fino in fondo alla scomparsa del padre. Inchiesta ad ampio spettro, la pista familiare - quella di una lite con un parente - resta al momento l'ipotesi privilegiata ma non esclusiva. Si sentono testimoni, mentre la Mobile del primo dirigente Fausto Lamparelli ha acquisito anche ieri pomeriggio elementi e potenziali riscontri, puntando l'attenzione sui computer e telefoni della vittima.

L'altra inchiesta
Accertamenti doverosi, da raccontare nel rispetto della dignità dei componenti di un nucleo familiare che in queste ore si stringono nel ricordo e nel dolore di Vittorio. E che respingono accostamenti suggestivi poco gratificanti legati all'omicidio di due sere fa. Ma torniamo alla storia del fascicolo bis. Come si arriva, da una archiviazione definitiva, tombale, all'apertura di un altro fascicolo? Perché la Procura ha deciso di ipotizzare il falso? Tutto dipende da una denuncia presentata dallo stesso Vittorio Materazzo, a proposito da un certificato medico legato alla morte del padre.

Un attestato, un documento che - dal suo punto di vista - conterrebbe dei punti poco chiari, specie se raffrontati al verbale messo nero su bianco dal medico nel corso della deposizione resa durante la prima inchiesta. Appigli, punti di appoggio, nella mente di un uomo che non aveva mai creduto alla morte naturale del genitore. Sensazioni che per molti erano mere congetture e che oggi assumono un carattere inquietante, alla luce di quanto avvenuto lunedì sera in viale Maria Cristina di Savoia. Chi ha visto ha già parlato. Chi ha assistito agli ultimi momenti di vita di Vittorio Materazzo non è rimasto in silenzio, fornendo invece agli investigatori dettagli fondamentali sull'assassino che potrebbero imprimere una svolta determinante all'indagine sul brutale omicidio di viale Maria Cristina di Savoia.

Il supertestimone
C'è un supertestimone: si tratta di un uomo che abita nello stesso stabile in cui viveva l'ingegnere e che si è trovato casualmente sulla scena del delitto. Ha assistito al momento più raccapricciante, mozzafiato, il finale dell'assalto, il colpo di grazia: ha visto un uomo con il casco, che si inginocchiava sul corpo dell'ingegnere, già provato da percosse e fendenti, prendere la mira e centrare la gola. E tranciare la carotide, con freddezza rara. Una coltellata alla gola, che ha drammaticamente stroncato la vita di un uomo che cercava risposte sulla fine dell'anziano genitore.

L'identikit
Ed è proprio grazie al racconto di chi ha visto l'orrore che adesso gli investigatori sono vicini ad un primo identikit dell'assassino: un uomo di giovane età che indossava un casco semi-integrale e abiti scuri.
E di stazza ordinaria, normale. Ma procediamo con ordine. Sono le 19,30 di lunedì quando l'ingegnere Materazzo - di ritorno dal suo studio di Torre Annunziata - imbocca la salita di viale Maria Cristina di Savoia e si dirige verso casa. L'abitazione è al civico numero tre della strada, in quel momento poco trafficata. Sta per iniziare la partita del Napoli, le vie sono semideserte e il negozio di parrucchiere che affianca il portone del palazzo è chiuso per il giorno di riposo. L'assassino sembra aver pianificato bene ogni cosa, e aspetta seduto sul muretto che costeggia una scalinata che dalla stazione della Cumana porta dritto al civico tre: un luogo ideale per non essere riconosciuto, anche per la presenza di alcuni alberi di alto fusto i cui rami rendono difficile la visuale. L'aggressione sarebbe stata ripresa anche da una telecamera di sorveglianza esterna al palazzo.

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