Stupro Circum a San Giorgio, il papà della vittima: «Lui libero, lei prigioniera dell'incubo»

Stupro Circum a San Giorgio, il papà della vittima: «Lui libero, lei prigioniera dell'incubo»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 22 Marzo 2019, 23:00 - Ultimo agg. 24 Marzo, 09:17
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«Grande dolore e grande disappunto. Lo dico da uomo, da cittadino, da padre. Sono profondamente amareggiato per quello che sta accadendo, a questo punto noi siamo gli unici prigionieri, qui tappati in casa, mentre gli altri usciranno a poco a poco. Un incubo infinito il nostro, oltre alla violenza subita anche la beffa di queste decisioni». Parole cariche di rabbia, quelle del papà della venticinquenne che ha denunciato lo stupro lo scorso cinque marzo.
 
Ha due immagini davanti a sé, al di là dei tecnicismi, delle formule giuridiche e del braccio di ferro tra accusa e difesa: sua figlia prima di quel maledetto pomeriggio in circum, una ragazza che era riuscita a superare un periodo difficile, grazie alla passione per il teatro, agli amici e a un rapporto di dialogo costruttivo all’interno della famiglia; e la ragazza oggi, dopo la denuncia, gli arresti di quei tre e lo scossone dinanzi al Riesame.
Ieri mattina la notizia della scarcerazione di Alessandro Sbrescia l’ha raggiunta in ospedale. Si stava sottoponendo a una perizia psichiatrica, su richiesta della Procura di Napoli, in vista di una probabile richiesta di incidente probatorio. Una prassi doverosa, abituale, per tutte le vittime di violenza sessuale in vista di una testimonianza da rendere a porte chiuse, al termine di una udienza camerale.

Ma in questi giorni la ragazza non è stata bene, tanto da essere costretta a trascorrere un lungo periodo in un ospedale sotto stretta osservazione. Ha perso gli interessi che l’avevano animata prima del pomeriggio di martedì cinque marzo, non frequenta più il teatro, ha interrotto ogni rapporto con le amiche di sempre. Vive isolata, ora più che mai in preda all’incubo di ritorno, quello che si sta materializzando in questi giorni con la scarcerazione di uno dei tre.

Eppure, lo scorso 11 marzo, aveva trovato la forza per raccontare tutto, per puntare l’indice contro quei tre elementi finiti in cella. Un’audizione durata tre ore e quaranta minuti, al cospetto del pm Cristina Curatoli, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, nel corso della quale aveva ripercorso le fasi cruciali dell’aggressione. A partire da quel «no» scandito in ascensore, con il quale si opponeva alle avance di quei tre con cui aveva accettato di fumare una sigaretta. Un modo, dal suo punto di vista, di riconciliarsi con quelli che avevano provato ad aggredirla, una sorta di tregua - sempre secondo il suo punto di vista - per non avere altre seccature nei suoi spostamenti in circum.

Assistita dal penalista Maurizio Capozzo, ora la ragazza di Portici è circondata dall’affetto dei parenti, alle prese con terapie mediche che tornano ad essere in salita. Mercoledì nuovo round dinanzi al Riesame, ora si tratta di aspettare le motivazioni della scarcerazione di Sbrescia, in vista di una nuova testimonianza a porte chiuse. 
 

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