Città della Scienza, l'inchiesta riparte da zero: anche il Riesame dice no all’arresto del vigilante

Città della Scienza, l'inchiesta riparte da zero: anche il Riesame dice no all’arresto del vigilante
di Viviana Lanza
Domenica 6 Settembre 2015, 11:49
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Anche il Riesame dice no all’arresto di Paolo Cammarota, l’ex dipendente della Fondazione Idis indagato per il rogo a Città della Scienza del 4 marzo di due anni fa. I giudici della decima sezione del Tribunale del Riesame di Napoli (collegio B, presidente Mariarosaria Orditura, a latere Paola Faillace e Luca Purcaro) hanno respinto l’appello presentato dalla Procura contro l’ordinanza con cui il gip Rosa de Ruggiero rigettò la richiesta di misura cautelare nei confronti dell’ex vigilante della struttura di via Coroglio.



«L’appello è infondato e deve essere rigettato»: è questa la conclusione dei giudici che, pur manifestando apprezzamento per il lavoro dei pm e della polizia giudiziaria, hanno ritenuto che gli indizi raccolti dagli inquirenti non siano sufficienti a giustificare l’arresto dell’indagato. Paolo Cammarota, difeso dall’avvocato Luca Capasso, resta dunque indagato a piede libero. Si dice innocente, protagonista di un incubo che gli ha cambiato la vita, con le difficoltà a trovare un nuovo impiego e un’etichetta che respinge con convinzione: «Non sono un mostro né un criminale». La procura (pm Michele Del Prete e Ida Teresi del pool Antimafia) gli contesta l’accusa di incendio e disastro doloso in concorso con persone non ancora identificate ritenendo che abbia «cagionato l’incendio dei locali adibiti ad area museale appiccando il fuoco in più punti - si legge nel capo di imputazione - e disattivando il sistema di allarme antincendio e antintrusione al fine di assicurare la veloce, estesa e distruttiva propagazione delle fiamme». I sospetti su di lui sono ricaduti incrociando azioni e tempi (fu lui a fare gli ultimi due giri di ispezione prima del rogo senza segnalare nulla di anomalo) e ipotizzando un movente di vendetta legato alle condizioni non floride della Fondazione e al fatto che proprio quel pomeriggio ci fu una riunione tra sindacati e vertici aziendali per discutere della cassa integrazione in deroga e la trattativa, secondo i testimoni, avrebbe escluso il settore della vigilanza. «Tuttavia - sostengono i giudici - pur in tale contesto di malcontento e disaffezione non può ascriversi alla riunione la rilevanza sostenuta dai pm ai fini della ricostruzione del movente». Il Riesame esprime dubbi anche sul fatto che nelle poche ore trascorse tra la riunione e il rogo sia stato possibile procurarsi tutta la benzina necessaria ad appiccare l’incendio nei sei punti in cui è stato accertato, e rileva che «appare illogico e controproducente, nell’ottica degli interessi del personale, che un dipendente come l’indagato Cammarota potesse indursi ad attentare al proprio posto di lavoro». I giudici aprono a ricostruzioni alternative: «L’intrusione esterna - concludono - costituisce un’ipotesi tutt’altro che remota, bensì una alternativa ragionevole, da parte di più persone comunque pratiche dell’area, circostanza necessaria ad avviso del collegio per la realizzazione del reato».



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