«Caro estinto», demolito il capannone del clan Cesarano

«Caro estinto», demolito il capannone del clan Cesarano
di Ferdinando Bocchetti
Venerdì 26 Febbraio 2021, 12:00
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Il 25 febbraio del 2020 i carabinieri della Compagnia di Marano arrestavano il defunto Alfonso Cesarano, l'indiscusso «re delle pompe funebri» dell'area flegrea e giuglianese, per molti anni a capo dell'omonima azienda, tra le più note del settore. Ieri, dodici mesi dopo quell'arresto, è stato demolito il capannone abusivo di via Commone, di proprietà dei Cesarano, simbolo di un potere (enorme) a lungo esercitato nel comune di Calvizzano e nel limitrofo territorio di Marano. L'abbattimento del manufatto è avvenuto alla presenza del prefetto di Napoli Marco Valentini e del sindaco Giacomo Pirozzi, insediatosi in municipio soltanto pochi mesi fa, e di alcuni consiglieri comunali. Il capannone, in cui erano ancora ben visibili i resti di mezzi e carrozze utilizzate dai Cesarano, era stato sequestrato nel 2014. Il Comune lo aveva poi acquisito al proprio patrimonio, ma l'iter per l'abbattimento si era interrotto sulla scorta del contenzioso giudiziario sorto tra le parti.

Il nodo è stato sciolto soltanto pochi mesi fa, quando la decima sezione della Corte d'Appello di Napoli ha dissequestrato il manufatto, chiarendo che «la mancata costituzione del Comune nel procedimento penale non inficia in alcun modo il procedimento amministrativo».

Di qui, il via libera alla demolizione costata poco meno di 70 mila euro. Fondi ottenuti dall'ente cittadino attraverso un mutuo contratto con la Cassa Depositi e Prestiti. «Era importante far sentire la presenza dello Stato in un territorio come quello di Calvizzano e dei comuni limitrofi, dove operano organizzazioni criminali ben strutturate - ha sottolineato il prefetto Valentini - È fondamentale avere un contatto diretto con gli enti locali, con i sindaci di questo territorio, ai quali ho raccomandato di avere la massima attenzione sulle possibili forme di condizionamento di matrice criminale».

Valentini ha poi snocciolato i dati sulle recenti interdittive antimafia emanate dalla prefettura, molte delle quali hanno colpito e fermato aziende operanti nell'hinterland e, tra queste, anche diverse attività dei Cesarano: «Soltanto nel solo 2020, grazie all'ottimo lavoro svolto dall'ufficio antimafia della prefettura, abbiamo emanato novanta provvedimenti, con un aumento del cento per cento rispetto all'anno precedente. È un lavoro importante - ha aggiunto il prefetto di Napoli - perché agisce sul piano della prevenzione e che ci permette di intervenire subito, senza dover attendere l'esito dei processi».

Il sindaco Giacomo Pirozzi ha ribadito che «lo Stato c'è e lo ha dimostrato stamattina (ieri). La presenza del prefetto Valentini è un messaggio forte e chiaro per tutto il territorio - ha sottolineato il primo cittadino - Con l'abbattimento del capannone dei Cesarano abbiamo assestato un colpo a coloro che pensano di ripristinare forme di illegalità in questa città». La famiglia Cesarano, originaria di Castellammare di Stabia, è da oltre 40 anni radicata nei comuni di Marano, Calvizzano e Quarto. Le attività aziendali del defunto Alfonso e del fratello Attilio sono finite più volte, almeno negli ultimi anni, nel mirino della Procura di Napoli e della prefettura. 

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