Clan Moccia, un imputato per 92 udienze ma nessuna sentenza: allarme scarcerazioni

Clan Moccia, un imputato per 92 udienze ma nessuna sentenza: allarme scarcerazioni
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 28 Giugno 2021, 00:00 - Ultimo agg. 18:35
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Non sono bastate 92 udienze per arrivare a una sentenza di primo grado nel corso di un processo a carico di un solo imputato. Ripetiamo: non un maxiprocesso, ma un dibattimento che vede a giudizio una sola persona.

Non sono stati sufficienti oltre dieci anni - tra misura cautelare e processo - per arrivare a un verdetto, quanto meno in prima battuta, a carico di un solo personaggio indicato dalla Dda di napoli come uno dei capi della camorra napoletana. 

Strana storia quella di Antonio Moccia, il presunto erede della dinastia di Afragola, finita di recente al centro di un’altra vicenda giudiziaria condotta da tre Procure (a proposito di gestione di carburanti), quelle di Catanzaro, Roma e Napoli.

Quale è il punto? 

Un caso, quello del processo a carico del solo Antonio Moccia (che è a piede libero in questa vicenda) segnalato nel corso degli anni dal Mattino, che torna ad essere di attualità, in relazione a quanto sta avvenendo anche in altre aule del Tribunale di Napoli. 

Se per Antonio Moccia non c’è ancora una sentenza di primo grado, sono diventate definitive le condanne a carico di tutto il suo presunto gruppo - oltre una quarantina di imputati - che erano finito sotto inchiesta nel lontano 2010. 

Vite parallele, di fronte ai ripetuti tentativi della Procura di accorpare i due processi, di volta in volta frustrati da dinamiche tutte interne al Tribunale: come l’esigenza di rinnovare l’istruttoria a carico del solo presunto boss, alla luce delle liste testi presentate in aula e della necessità di ascoltare due collaboratori di giustizia, tra i quali spicca la figura dell’ex affiliato Scafuto. Come in una sorta di gioco dell’oca, ogni volta che cambia un giudice, il processo riparte da zero, si devono riascoltare testi e valutare elementi di prova, che - alla lunga - creano dibattimenti chilometrici. 

Ma c’è un altro processo che riguarda i Moccia, che solleva non pochi problemi e che rischia di fare i conti con il fattore tempo. È quello che si sta celebrando dinanzi alla sesta penale, a carico - tra gli altri - di Luigi e Teresa Moccia, assieme a una pattuglia di una quindicina di imputati. Quale è il punto? Furono arrestati nel 2018, ma il rischio percepito dalle parti (segnalato nel corso di questi mesi) è che sul fascicolo si abbatta la mannaia della decorrenza dei termini di custodia cautelare. 

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A distanza di tre anni rispetto alla misura cautelare, il presunto gruppo dirigente dei Moccia è ancora in attesa del verdetto di primo grado, al punto tale che ora c’è chi teme la revoca delle misure cautelari del 2018 per decorrenza dei termini. Ma quale è il punto? Per quale motivo due dei tre processi a carico dei Moccia o dei loro presunti affiliati rischiano di trasformarsi in una sorta di flop giudiziario? Questioni procedurali, estemporanee (come il cambio di collegio o le varie rinnovazioni delle istruttorie dibattimentali), che alla fine hanno reso spuntata l’esigenza di verificare in aula le ipotesi investigative e le contromosse difensive. Ma torniamo alla storia del processo infinito a carico di un solo imputato. Torniamo ad Antonio Moccia. Da sempre al centro di indagini, anche se nei suoi confronti non c’è una sentenza definitiva in grado di confermare il suo presunto ruolo di capo e promotore della camorra napoletana. Da giovanissimo, uccise nel tribunale di Castelcapuano l’uomo che aveva ammazzato il padre, ma non avendo ancora compiuto quattordici anni, non era imputabile. Un caso che sollevò scalpore in chiave nazionale. Per una vita ha battuto su un punto: «Sono un imprenditore estraneo alla camorra». Da qualche mese è in cella per un ordine di arresto della Dda di Roma, in relazione ai presunti rapporti con l’imprenditrice e artista romana Ana Bettz, in materia di carburanti. È stato intercettato mentre era in uno studio professionale del Vomero a chiudere alcuni accordi legati a una compravendita che gli faceva gola. Un affare ritenuto sospetto, al punto tale da determinare il coinvolgimento di professionisti e colletti bianchi accorsati.

Intanto però la storia dei Moccia attende sentenze univoche nel Palazzo di giustizia in cui accade che i presunti affiliati vengono condannati in via definitiva, mentre il presunto boss attende da 92 udienze un verdetto definitivo. Per non parlare poi dell’ultima indagine (anno 2018) che rischia di arrivare spuntata in aula, causa decorrenza dei termini di custodia cautelare. 

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