Clan Moccia, nuovo colpo alla camorra: maxi sequestro di beni al ras delle aste giudiziarie

Clan Moccia, nuovo colpo alla camorra: maxi sequestro di beni al ras delle aste giudiziarie
di Marco Di Caterino
Sabato 23 Aprile 2022, 08:00 - Ultimo agg. 24 Aprile, 09:03
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Colpo al ras delle aste giudiziarie e al genero, entrambi organici al clan Moccia. Ieri mattina gli agenti della sezione anticrimine della Questura hanno eseguito due decreti di sequestro di beni nei confronti di Antonio Lucci, 57 anni, e del genero Giorgio Tranchini. I provvedimenti sono stati disposti dal tribunale di Napoli presidente Teresa Areniello, collegio formato da Vincenzo Lomonte, Mariarosaria Orditura e Luciano di Transo su richiesta del questore.

Il sequestro più consistente è stato eseguito ai danni di Antonio Lucci, meglio noto come «Tonino o pazzo», al quale sono stati sottratti due appezzamenti di terreno, dodici appartamenti, quattro società delle quali deteneva la totalità delle quote e tredici conti correnti, suddivisi tra istituti di credito e Poste Italiane, beni per circa sei milioni di euro del valore totale.

Antonio Lucci è per gli inquirenti una figura di alto spessore criminale, considerato al vertice di un gruppo attivo a Secondigliano ma inserito nel clan Moccia al quale è legato da vincoli di parentela (è cugino dei fratelli Moccia).

Proprio facendo leva su questa parentela, Lucci si sarebbe reso responsabile di usura e estorsione (reati per i quali è stato condannato nel 2006 a sei anni e otto mesi con l'aggravante mafiosa) e corruzione delle aste giudiziarie a Frattamaggiore, Casoria e Afragola (ha già subito una condanna a due anni e due mesi).

Il provvedimento di sequestro dei beni è stato notificato a Lucci in carcere, dove è rinchiuso dal 21 gennaio dello scorso anno perché gravemente indiziato di turbativa d'asta, estorsione consumata e tentata e porto abusivo di armi, reati aggravati per aver agevolato il clan Moccia. Nell'ordinanza è emerso che Antonio Lucci e gli altri indagati, avvalendosi delle condizioni imposte dal metodo mafioso, condizionavano, in modo anche violento e ricorrendo all'uso di armi da fuoco nei confronti dei potenziali aggiudicatari dei beni all'asta, l'andamento di alcune vendite relative a immobili nei comuni di Afragola e Casoria.

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Un secondo provvedimento è stato invece notificato a Giorgio Tranchino, genero di Lucci, precedenti per associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. L'uomo è attualmente agli arresti domiciliari, dove sta scontando la pena definitiva di 8 anni e 4 mesi emessa dalla Corte di Appello di Napoli per la partecipazione al clan Moccia, del quale è considerato esponente.

La sottrazione dei beni è scattata perché gli inquirenti hanno accertato che Giorgio Tranchino, nell'organizzazione del clan Moccia, svolgeva il ruolo di intermediario tra il gruppo dirigente e le diverse articolazioni territoriali. E soprattutto è stata accertata la evidente differenza tra il reddito denunciato e la ricchezza accumulata, consistente in un appartamento e sei conti correnti postali e bancari, che sono stati sequestrati. «I 6,5 milioni di euro in beni di vario tipo, sequestrati su proposta del Questore di Napoli - dice il prefetto Francesco Messina, direttore centrale Anticrimine - si sommano agli oltre 740 milioni sequestrati a partire dal 2020 dalla Polizia, in attuazione della strategia di contrasto all'accumulo di patrimoni illeciti portata avanti dalla Direzione centrale anticrimine mediante le misure di prevenzione patrimoniali proposte dai Questori, talvolta in forma congiunta con le Procure competenti». 

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