Napoli, maxi-buco del Comune: imprese non pagate da tre anni

Napoli, maxi-buco del Comune: imprese non pagate da tre anni
di Luigi Roano
Martedì 26 Febbraio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 16:48
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Con il fiato sospeso, così si vivono queste ore a Palazzo San Giacomo. Ore di attesa per la decisione della Cassa Depositi e Prestiti rispetto all’anticipazione di liquidità richiesta dal Comune di 240 milioni. Una opzione prevista nella legge di stabilità per pagare esclusivamente i fornitori. E il Comune è fermo al 2016. Se arrivasse il via libera dalla Cassa si potrebbero pagare i fornitori fino a giugno 2018. L’anticipazione va restituita entro il 30 dicembre, e sarebbe comunque una boccata d’ossigeno in un panorama dove dal 2013 l’ombra del default aleggia in maniera minacciosa. Alleggerirebbe la pressione su un ente in predissesto sul quale la Corte dei Conti ogni 4 mesi va a verificare se il piano di rientro dal debito - che è di 1,7 miliardi - l’ente lo rispetta. Ci sono centinaia di imprese in grande sofferenza come testimonia la cessione dei crediti alle banche per milioni e milioni. Un elenco sterminato di imprenditori che preferisce pagare la salata commissione alle banche pur di non aspettare più il pagamento del Comune. 
 
A Palazzo San Giacomo non sono tranquillissimi sull’esito dell’istruttoria in corso con la Cassa per avere l’anticipazione. Se si guarda il bicchiere mezzo pieno, il dato positivo è che - malgrado la documentazione sia stata portata appena 48 ore fa - il solo fatto di essere stata accolta potrebbe significare che la procedura andrà a buon fine. Per vederlo mezzo vuoto, il bicchiere, basta ascoltare - tuttavia - gli spifferi che arrivano da Roma, zona Palazzo Chigi, secondo i quali per l’istruttoria servono almeno sette giorni. Se fosse vero, il Comune sarebbe fuori dalla possibilità di avere la corposa anticipazione. La sostanza della situazione che a prescindere da come vadano le cose la situazione di precarietà dell’ente non consente di fare voli pindarici sul futuro. A questo si aggiunga che nelle ultime ore la sofferenza delle aziende partecipate è arrivata a livelli molto alti, su tutti il caso di NapoliServizi con sullo sfondo l’Anm già in concordato prefallimentare che ha una copertura finanziaria da parte del Comune fino al 31 dicembre. Entro quella data Palazzo San Giacomo dovrà trovare le risorse per rimettere dentro l’Azienda napoletana mobilità ulteriori 54 milioni. Il bilancio previsionale che dovrà essere presentato entro il 31 marzo, sarà il primo banco di prova del nuovo piano di rientro e anche delle partecipate. Li verranno fuori numeri e garanzie sugli stessi. 

A soffrire sono soprattutto le piccole imprese è il caso della «Orfe costruzioni», il titolare Francesco Orfe racconta la sua incredibile vicenda. «Siamo stati vincitori - racconta - di una gara d’appalto finanziata dal bilancio comunale del 2015 che nel corso del tempo si è trasformata in un credito non esigibile in nessuna banca di circa 150mila euro. Abbiamo il nostro contratto, ma non possiamo incassare perché nell’attuale bilancio ci hanno inserito alla voce “spese non necessarie” per cui non vengo pagato dal 2016 ed è un credito che lo stesso Comune non permette di scontare in banca». La Orfe costruzione è una impresa di restauro oltre che di costruzioni, impresa artigiana di qualità. «I lavori - racconta ancora l’imprenditore - sono quelli dei torrini di Castel dell’Ovo rimasti metà restaurati e l’altra no. La mia impresa conta su 10 dipendenti e la sofferenza per questi 150mila euro è grandissima, con quella somma ci pago lo stipendio a più della metà dei dipendenti per un anno. Altri sono falliti per cifre ancora più piccole. Noi resistiamo ma mi auguro che almeno l’anticipazione di liquidità il Comune riesca a ottenerla così finalmente saremo pagati e ci sarà più tranquillità». L’imprenditore non si dà pace: «È tutto certificato dallo stesso Comune, sia i lavori effettuati che la cifra che mi debbono dare, eppure non si sblocca nulla. Basta pensare che questo credito che vanto non solo non lo posso scontare in banca ma lo stesso Comune non lo accetta». La spiegazione di quest’altra singolarità la dà lo stesso Orfe in conclusione del suo sfogo: «Data la natura di “spesa non necessaria” se volessi scontare questa somma sulle tasse non mi è data possibilità di farlo. Come dire che il Comune non riconosce se stesso».
 
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