Coprifuoco e scontri a Napoli, il procuratore Cafiero De Raho: «Asse tra clan e estremisti e rischio emulazione»

Coprifuoco e scontri a Napoli, il procuratore Cafiero De Raho: «Asse tra clan e estremisti e rischio emulazione»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 26 Ottobre 2020, 11:00 - Ultimo agg. 13:21
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«La mobilitazione di duecento e passa motorini che seguivano il corteo e che hanno poi sferrato l'attacco alle istituzioni, dopo un segnale concordato, fa pensare a una regìa camorrista. Uno scenario in cui sono entrate in gioco altre forze, originariamente diverse, ma con la stessa carica eversiva, mi riferisco agli hoolingan da stadio, a gruppi anarcoinsurrezionalisti o a estremisti di destra». Ha le idee chiare il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, nel commentare quanto avvenuto a Napoli la notte tra venerdì e sabato, ma anche nell'analizzare gli scontri accaduti a Roma e i messaggi di adesione provenienti da altre aree metropolitane - come Torino e Milano - dove il caso Napoli rischia di diventare un modello pilota per altre forme di violenza.

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Procuratore, cosa è accaduto a Napoli? E cosa rischia di accadere in altri contesti metropolitani?
«C'è stata una convergenza trasversale di soggetti diversi, che hanno infettato un corteo nato per esprimere il proprio dissenso in modo pacifico.

Nel corso della manifestazione, gli organizzatori del corteo sono stati costretti ad arretrare e ad abbandonare le redini della protesta nelle mani di soggetti violenti, interessati a sferrare un attacco contro le forze dell'ordine e i rappresentanti delle istituzioni democratiche. Esprimo la mia solidarietà verso carabinieri e polizia che venerdì notte hanno impattato un assalto tanto violento; attualmente la Procura di Napoli è al lavoro per condurre le indagini, svolgere approfondimenti e trarre le conclusioni».

Dunque, camorra, hooligan e forze antagoniste. Ma quale interesse hanno le mafie nell'infettare il dissenso contro le direttive anticovid?
«C'è innanzitutto una ricerca di consenso sociale. A Napoli la camorra, a Torino la ndrangheta, a Roma gruppi di mafiosi legati anche al tifo organizzato: c'è sempre esigenza di ottenere consenso sociale. E lo abbiamo registrato sin dalle fasi iniziali di questa pandemia, maagari anche con la tendenza ad un'assistenza spicciola (pacchi di pasta e buste della spesa a chi non ha altre risorse) o cavalcando il dissenso di chi rischia di rimanere senza lavoro, costretto a un'improvvisa serrata. Quanto ai fatti di Napoli, voglio comunque che sia chiara una cosa: le indagini faranno il loro corso, ma sono sicuro che nessun commerciante, per quanto esasperato, possa aver sferrato un solo colpo contro le forze di polizia».

In che senso?
«Nessun lavoratore era presente in quei momenti di guerriglia, nessun esercente - per quanto deluso dalle scelte governative - sarebbe stato in grado di agire con tanta violenza, dando vita a quelle scene di contrapposizione armata alle forze dell'orine».

Chi c'era in via Santa Lucia?
«Soggetti abituati alla violenza. Pensate alle cosiddette spaccate usate per svaligiare i negozi o alle azioni armate del racket camorristico. Uno scenario fluido, segnato dalla convergenza con altre forme di contrapposizione, come quelle nutrite dagli hooligan contro le nostre divise. Dalla scorsa primavera, inoltre, registriamo una conflittualità permanente da parte di gruppi anarco-insurrezionalisti e di stampo neofascista, che convergono su un punto: la contrapposizione violenta nei confronti dello Stato di diritto, delle sue regole. In questo senso bisogna evitare di farsi strumentalizzare».

In che senso?
«Mi rivolgo alle parti sociali, ai commercianti e imprenditori che sono giustamente in ansia per il proprio futuro e la propria stabilità: attenzione a non farsi usare, meglio il confronto dialettico con le istituzioni. C'è il rischio di incursioni armate o derive violente in cortei che nascono in modo pacifico e legittimo. Ma preciso che anche lo Stato deve fornire risposte concrete in questo momento di grave sofferenza».

A cosa si riferisce?
«Lo Stato deve mettere in campo tutti gli strumenti possibili per garantire la sopravvivenza delle nostre imprese. Sussidi, finanziamenti, prestiti, insomma, tutto ciò che possa aiutare chi in questi mesi è stato costretto ad incrociare le braccia e vede vanificati sacrifici di anni. Occorre solidarietà per le famiglie rimaste senza un lavoro, ma anche per chi conduce imprese o strutture societarie. C'è sempre il rischio di infiltrazioni mafiose o di manovre opache».

Qual è il rischio a cui fa riferimento?
«Vede, in un periodo di sofferenza come questo, aziende e imprese commerciali rischiano di mantenere i propri asset societari formalmente intatti, anche se poi sono costretti a subire l'ingresso di capitali mafiosi. Le mafie hanno il problema di collocare la propria liquidità e trovano terreno fertile in un periodo in cui c'è chi rischia di fallire. Su questo punto, lo Stato (in tutte le sue articolazioni governative) non può e non deve indietreggiare».

Crede che quello che è accaduto a Napoli e a Roma possa scandire anche i mesi prossimi?
«C'è il rischio emulazione, vista anche la esplicita volontà di contrapposizione violenta che si legge sia sulle fonti aperte sia su una certa messaggistica finora acquisita. Un motivo per tenere alta la guardia: commercianti e imprenditori devono puntare al confronto tramite i propri rappresentanti di categoria, mentre il governo deve dare risposte alternative a chi sarà penalizzato dalle regole anticovid».

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