Cornavirus a Napoli, il futuro dei ristoratori:
«Non fate diventare i locali sale operatorie»

Cornavirus a Napoli, il futuro dei ristoratori: «Non fate diventare i locali sale operatorie»
di Paola Marano
Mercoledì 15 Aprile 2020, 19:32
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«Un’apertura con posti ridotti comporterebbe un rimodulazione totale anche di costi di gestione, di personale e di affitto. A tavola ci si incontra per rilassarsi e ridere davanti al cibo. Non fateci diventare sale operatorie».
L’appello arriva da Marco Pellone della pizzeria di Napoli Ciro Pellone a Fuorigrotta.
 

Se per molti infatti la tanto attesa fase due dell’emergenza sanitaria Covid-19 rappresenta una boccata d’aria, ai ristoratori campani che effettuano servizio a tavola restano ancora molti dubbi sulle modalità di riapertura in vista di un' eventuale ripresa delle attività in Campania.

A partire da una riduzione dei posti a sedere nel rispetto del mantenimento della distanza di sicurezza imposta dalle norme sul distanziamento sociale, per arrivare agli avveniristici e del tutto ipotetici rendering realizzati da un’azienda emiliana che raffigurano pannelli in plexiglass utilizzati come divisori tra clienti. 
 
«Come si può pensare che un ristorante possa far quadrare i suoi conti se nel rispetto delle pur giuste norme di contrasto al Coronavirus la capacità recettiva di un ristorante viene ridotta a circa un terzo delle sue normali possibilità?» - si domanda Francesco Andoli, titolare di Januarius, ristorante di cucina tipica napoletana che si trova al centro storico di Napoli, in via Duomo. «Il mio è un lavoro che ha come core business il servizio a tavolo – continua Francesco – se riducono drasticamente i posti a sedere è inevitabile che il mio profitto crollerà».

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E la soluzione tanto agognata dalle pizzerie di ricorrere alle consegne a domicilio per recuperare una parte del guadagno andato perduto a causa dell’emergenza, non è del tutto congeniale per altre tipologie di attività di ristorazione come quelle di Francesco. «Il delivery potrà essere estremamente fruttuoso per chi era già abituate a farlo  - osserva Andoli - e offre un tipo di prodotto che il pubblico è già abituato a consumare da asporto come pizzerie, pub e sushi. Ma non credo ci saranno dei grossi margini di profitto per chi fa un tipo di ristorazione differente».

La crisi del settore della ristorazione sta già mettendo in ginocchio tantissime aziende e ci sono «pizzerie di quartiere che non riuscirebbero ad affrontare un altro mese - sottolinea invece Pellone -  Le utenze continuano ad arrivare, i costi di gestione di un’attività continuano e c’è bisogno di rimettere in moto la macchina in modo da avere un po’ di liquidità».

I ristoranti si augurano di poter prendere parte a un tavolo al quale «possano sedere non solo i politici ma anche gli operatori del settore - dice Vincenzo Durante della pizzeria Pizza Fritta 1947 -  che possono dare un contributo concreto e reale perché sono quelli che ne sanno più di tutti e possono proporre eventuali idee da mettere in campo».
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