Coronavirus a Napoli, il coraggio di Pasquale: «Io anziano, sfido il virus e dono alimenti, farmaci e aiuto chi è senza lavoro»

Coronavirus a Napoli, il coraggio di Pasquale: «Io anziano, sfido il virus e dono alimenti, farmaci e aiuto chi è senza lavoro»
di Giuliana Covella
Giovedì 26 Marzo 2020, 09:00
4 Minuti di Lettura

«Aiutare i più bisognosi in questo momento critico è un dovere civico, pure se hai una certa età». Pasquale Ardire, 70 anni, ex salumiere in pensione, è uno dei volontari dell'associazione Città Senza Periferie, che in questi giorni di emergenza Coronavirus si è messo al servizio della collettività, consegnando pacchi alimentari ai nuclei familiari indigenti di San Pietro a Patierno. «Dedicarmi agli ultimi mi ha fatto riscoprire il vero senso della vita», dice mentre dietro il tavolo allestito in un'area all'aperto distribuisce ogni giorno generi di prima necessità a 250 famiglie del quartiere.
 


Alla sua età va in controtendenza in giorni in cui i medici dicono che gli anziani dovrebbero rimanere a casa?
«Godo di ottima salute e, se posso fare qualcosa per rendermi utile per il prossimo, non mi tiro indietro».

Cosa ne pensa la sua famiglia?
«Mia moglie mi ha appoggiato sin dal primo momento. Anche i miei due figli, che sono sposati e non vivono con noi. Ma c'è una premessa fondamentale da fare».

Quale?
«Non siamo temerari, non metto a repentaglio la mia salute e quella degli altri. Pertanto ci equipaggiamo ogni giorno con mascherine e guanti e manteniamo le distanze di sicurezza tra noi e le persone, come prescritto dai vari decreti governativi».

Com'è nata l'iniziativa?
«Da diversi anni con la nostra associazione siamo convenzionati con il Banco Alimentare onlus, che ci fornisce i pacchi che stiamo distribuendo a 250 famiglie nullatenenti di San Pietro a Patierno, ma anche di Poggioreale e del vicino Comune di Arpino».

Che tipo di situazioni vivono?
«Per lo più senza reddito, capofamiglia disoccupato e con due o tre figli a carico».

Con lei ci sono altri anziani volontari. Come vi organizzate?
«Al mattino si fanno le telefonate alle famiglie che ci vengono segnalate da parrocchie, servizi sociali e tramite il passaparola. Poi c'è una sola persona che confeziona i pacchi, Giuseppe Grazioso, a tutela di volontari e utenti. Si organizzano quindi le consegne e quando arriva il furgone messo a disposizione da un privato io e gli altri (il presidente dell'associazione Michele Attanasio, con Alberto Montella, Luigi Sigillo, Luigi e Salvatore Braciglianese e altri volontari) andiamo nel punto prescelto per donare i pacchi. Di solito è un'area all'aperto, un parcheggio o un appezzamento di terreno e ci teniamo ad almeno 300 metri dai rioni popolari dove abitano queste famiglie. Andiamo a casa solo per casi gravi come disabili o anziani allettati».

Adottate tutte le precauzioni previste dai protocolli?
«Sì, abbiamo gel disinfettante, guanti monouso che cambiamo a ogni consegna, mascherine donate da una farmacia di via Stadera e sul banchetto poggiamo le buste senza passaggio di mani tra noi e gli utenti, così il contatto è zero».

Cosa distribuite?
«Generi di prima necessità come pasta, olio, riso, latte, biscotti, conserve, carne, formaggio, frutta, oltre a ciò che donano le aziende come acqua, bibite e prodotti per bambini».

Chi viene da voi?
«Molti sono padri di famiglia disperati perché hanno perso il lavoro e hanno moglie e figli piccoli da sfamare. Chiedono con dignità di avere qualche provvista in più perché a casa sono in tanti».

Quando ha deciso di fare volontariato?
«Dopo aver perso il lavoro. Qualche anno fa per aiutare la famiglia lavoravo in una salumeria del centro storico. Quando chiuse stavo andando in depressione. Rendermi utile per chi soffre mi ha salvato. Da allora mi occupo dell'orto sociale alla scuola Radice-Sanzio-Ammaturo, dove insegno ai bambini a seminare e coltivare la terra, dopo averlo imparato in una masseria. Poi insieme agli altri volontari abbiamo restaurato le panchine vandalizzate nel rione». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA