Coronavirus a Napoli, è scontro tra le toghe tra indulto e favori ai clan

Coronavirus a Napoli, è scontro tra le toghe tra indulto e favori ai clan
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 10 Aprile 2020, 09:00
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Carceri affollate, rischio contagio dietro le sbarre, indulto. Eccola l'altra faccia dell'emergenza sanitaria. C'è chi chiede interventi radicali, come indulto e amnistia, per disinnescare il rischio contagio da coronavirus dietro le sbarre e rilanciare il processo penale; c'è invece chi chiede di rafforzare i presidi sanitari nelle case circondariali, respingendo però soluzioni all'insegna del liberi tutti.

È di ieri l'intervento del magistrato Paolo Mancuso, presidente campano del Pd, (ex pm antimafia ed ex numero due del Dap), che attraverso il Mattino ha battuto su due punti in particolare: la necessità che il governo affronti l'emergenza carceri finora trascurata; ma anche l'esigenza di scongiurare una soluzione estrema come l'indulto, «che è poi quello a cui puntano i clan», rimasti silenti nelle rivolte di marzo, portate avanti «dai detenuti comuni».

Pochi giorni fa, era invece intervenuto il pm Henry John Woodcock, magistrato in forza al pool mani pulite ed ex pm anticamorra, che sulle pagine de Il Fatto quotidiano aveva chiuso così il suo articolo: «Chi può cominci a mettere mano a un qualche - ben ponderato - progetto di amnistia e di indulto, oltre che a un massiccio progetto di depenalizzazione», con l'obiettivo di ridare slancio al processo e garantire la sicurezza di tanti reclusi in un periodo così grave sotto il profilo sanitario.
 


Sovraffollamento, virus, camorra. Questioni strettamente collegate, come emerge dall'intervento del sostituto procuratore generale Catello Maresca (per dieci anni al pool anticamorra, poi all'antiterrorismo e a mani pulite), tra i primi in Italia a sollevare la questione carceri. Spiega Maresca al Mattino: «Ci siamo fatti cogliere impreparati, l'emergenza carceraria di questi giorni - tra incubo contagio dietro le sbarre, rivolta e concessioni governative -, parte da lontano: dai tagli ai finanziamenti, dalla mancanza di investimenti per fare assunzioni o per riqualificare i penitenziari». Già, ma come si esprime il pm che arrestò Michele Zagaria sulle concessioni governative di questi ultimi giorni? E rispetto all'indulto? «In questo corto circuito che va avanti da anni, le mafie giocano la loro partita, come sto ripetendo dall'inizio di marzo. Mandano avanti le terze linee, quelle che hanno dato vita agli scontri di un mese fa, e lo fanno con un solo obiettivo: avere contatti con l'esterno, mantenere saldo il rapporto con il mondo di fuori. Trovo grave la concessione di skype anche ai detenuti di alta sicurezza e tutte le agevolazioni rese in modo indiscriminato che annullano il lavoro di anni e rafforzano le mafie». E sull'indulto come si esprime il pg Maresca? «Non sono a favore dell'indulto, ma se il bivio è concessioni per tutti (alta sicurezza compresa) e indulto, dico meglio l'indulto. Eppure le mie domande restano insolute: perché non si rafforzano i presidi sanitari interni alle carceri? Perché non si creano aree covid anche in alcuni padiglioni? Perché non si spostano i reclusi dai penitenziari più affollati a quelli meno congestionati?».
 
 

Ma a prendere le distanze dalla posizione di Mancuso sull'indulto, è il penalista Bruno Larosa: «Non credo affatto che i clan puntino sull'indulto poiché, a differenza di molti, i camorristi sanno bene che i provvedimenti come l'amnistia e l'indulto hanno sempre escluso i reati e i condannati per i delitti di criminalità organizzata, così come quelli di maggior allarme sociale. Mi impressiona che il presidente cittadino del Pd sia sulla stessa lunghezza d'onda del segretario nazionale della Lega. Sanno, come osservava Camus, che la paura è un metodo ed entrambi lo usano per opporsi a provvedimenti che avrebbero l'effetto immediato di rendere dignitosa l'esecuzione della pena e di tornare a dare un senso al processo penale e al lavoro di magistrati e avvocati». Non manca la voce di un giudice del calibro di Tullio Morello: «Al di là dell'indulto, che può risolvere solo parzialmente l'emergenza carceri, sarebbe necessaria l'amnistia.
Impossibile, visti i ritardi accumulati, immaginare una giustizia efficiente. Penso al monocratico, dove non si potrà riprendere con cinquanta fascicoli a udienza, bisogna studiare l'amnistia per alcune tipologie di reati, in modo da non avvantaggiare bande criminali e clan mafiosi».

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