Covid a Napoli, la rivolta degli infermieri: «Siamo sfiniti, dichiarate il lockdown»

Covid a Napoli, la rivolta degli infermieri: «Siamo sfiniti, dichiarate il lockdown»
di Maria Pirro
Martedì 10 Novembre 2020, 08:00
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È il giorno del lutto, ma anche della rivolta degli infermieri che piangono un'altra vittima per Covid: Antonella Patrone, 57 anni, al lavoro al Cardarelli, è morta nel suo ospedale. E il dolore si è subito trasformato in rabbia, anche se il contagio potrebbe essere avvenuto in famiglia. Effetto di turni massacranti, dispositivi di protezione insufficienti e non sempre adeguati, gravi carenze di personale più volte denunciate. Fino a spingere la categoria a chiedere subito il lockdown in Campania: «Prima che sia troppo tardi».

«Siamo allo stremo, mancano 10mila infermieri in organico e il numero di contagiati ormai è incontrollabile. Almeno cinque i decessi in Campania tra la prima e la seconda ondata». Così Ciro Carbone, presidente di Opi Napoli, l'Ordine degli infermieri partenopeo, si rivolge al governo, al ministero della salute e alla Regione con l'obiettivo di sollecitare «provvedimenti più restrittivi per la tutela della salute pubblica e la salvaguardia della nostra famiglia professionale».

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«Dove sono le nuove assunzioni promesse per affrontare una battaglia che oggi sembra decisamente fuori dalla nostra portata? E, soprattutto, dove sono quei piani strategici di sicurezza e prevenzione che dovrebbero garantire test rapidi ogni 24 ore a tutto il personale sanitario, prima e dopo il servizio, nonché tamponi completi ogni 20 giorni?», domanda Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing up, che nei giorni scorsi ha tentato invece di quantificare il fenomeno, incrociando i numeri dell'Istituto superiore della sanità e dell'Inail.

«Oltre settemila infermieri si sono ammalati soltanto nell'ultimo mese e nell'intero Paese», certifica. «Tra questi, 536 in Campania, nella maggior parte dei casi dentro gli ospedali, lì dove dovrebbero sentirsi al sicuro, e invece vivono il caos di reparti accorpati, di colleghi senza formazione che, provenendo da lunghe esperienze no-Covid, si trovano letteralmente allo sbaraglio.

Per non parlare di strutture che sono diventate in pochi mesi aree Covid, non avendo alcun requisito per sostenere il peso della trasformazione». De Palma parla di «episodi allarmanti nella provincia di Napoli», cita i caso di Boscotrecase («Con 40 infermieri contagiati solo in una settimana») e segnala «operatori, ad esempio, che per una vita hanno lavorato in ortopedia, sbattuti loro malgrado nelle aree a rischio senza il necessario affiancamento e sostegno». Cui si aggiunge «un esercito di precari: fino all'80 per cento degli infermieri Covid, nella provincia di Napoli, oggi non ha un contratto a tempo indeterminato». Ma, avverte il sindacalista, «a preoccupare sono anche Benevento (per i casi registrati nelle strutture private) e Caserta (per le tensioni davanti agli ospedali pieni e impossibilitati ad accogliere altri pazienti).

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E le carenze di personale in organico provocano anche altri disagi e ricadute sull'assistenza. «Medici del 118 oggi sono persino costretti a lavorare con solo ausilio dell'autista per l'assenza di infermieri, oramai ammalati, o la mancata redazione della graduatoria per l'assegnazione di incarichi a tempo determinato», sostiene Il presidente di Saues, Paolo Ficco. Anche lui ritiene serva un intervento deciso, più incisivo, come in Lombardia: «Il servizio non regge più e i pronto soccorso, presi d'assalto, con le lunghe code di ambulanze e macchine, sono in pieno caos. Senza un rigoroso lockdown di almeno quindici giorni, giusto per limitare i danni all'economia campana, l'emergenza rischia di trasformarsi in tragedia. Tanto più che le regole anti assembramento non vengono rispettate come dimostrano le immagini dei lungomare di Napoli e Salerno o dei centri storici cittadini nel fine settimana».

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