Coronavirus a Napoli, effetto lockdown: salgono a 360mila i lavoratori in nero

Coronavirus a Napoli, effetto lockdown: salgono a 360mila i lavoratori in nero
di Daniela De Crescenzo
Lunedì 2 Novembre 2020, 09:30
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Trecentosessantamila fantasmi si aggirano per la regione. Sono i lavoratori in nero che in caso di lockdown non hanno diritto né alla cassa integrazione né al sussidio di disoccupazione. Molti perderanno ogni fonte di reddito. Sono i ragazzi che lavorano nei bar o nei ristoranti, le colf, le badanti, i muratori, gli imbianchini: per loro nel vuoto totale non sarà più possibile nascondersi, mimetizzarsi. Disperati tra i disperati sono quelli che rischiano la fame.

I dati Istat, rielaborati dalla Svimez, parlano chiaro: la Campania, con il suo 19,8 per cento di lavoratori nascosti, è la seconda regione italiana nella classifica dell'irregolarità.

Di peggio fa solo la Sicilia che tocca la vetta del 21,6. Il 32,3 per cento del totale lo raggiunge il settore dell'agricoltura, caccia e pesca; il 13,7 quello dell'industria; il 28,3 quello delle costruzioni, il 19,4 quello dei servizi. Tutto questo mentre, i dati sono sempre della Svimez, in Italia nel primo trimestre 2020 si è registrata anche una consistente diminuzione delle ore lavorate sia rispetto al trimestre precedente (-7,5 per cento), sia rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (-7,7 per cento). Il tasso di occupazione è pari al 58,8 per cento, in diminuzione di 0,2 punti rispetto al quarto trimestre 2019. E, spiega l'istituto di ricerca, il calo degli occupati è «territorialmente diffuso ma più accentuato nelle regioni meridionali: -0,6 per cento a fronte del -0,4 per cento del Centro-Nord».

Se si considera che molti dei 360mila lavoratori in nero hanno moglie e figli è facile calcolare che le persone a rischio fame in Campania sono almeno mezzo milione e molti si addensano tra Napoli e provincia, come testimonia anche il balzo delle richieste di reddito di cittadinanza. Queste nella provincia di Napoli sono aumentate del 57,8 per cento rispetto a un anno fa, del 35,4 per cento rispetto a gennaio 2020, e dell'1,5 per cento rispetto a un mese fa.

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In epoca Covid la situazione ovviamente peggiora: se i regolari sono tutelati dallo stop ai licenziamenti, i fantasmi del lavoro si muovono nell'ombra dove nessuna norma può intervenire. I drammi si accumulano, tanti, tutti uguali. O quasi. Osvaldo Barba, responsabile del forum lavoro Napoli del Pd, ne ha raccontato uno con un post su facebook riportando la conversazione avuta con un dipendente: 'Omast mi stava mettendo a posto, avevo portato i documenti dal ragioniere. Poi lunedì mi ha chiamato e mi ha detto: Tonino per ora ti posso tenere solo se stai qua con metà di quanto ti davo. Con i bar che alle 18 chiudono già è assai». E così il nero diventa nerissimo. O addirittura scompare. Angela aveva appena trovato un'occupazione (irregolare, ovviamente), quando il Covid gliel'ha portata via. «Mio marito lavora in una pelletteria che finalmente nello scorso mese di settembre aveva assunto anche me. Lui ha un contratto regolare, io lavoravo senza busta paga, ma il capo mi aveva promesso di assumermi. Poi è arrivato il lockdown e io sono tornata a essere la disoccupata di sempre, mentre il mio consorte è finito in cassa integrazione. Adesso lavora tre giorni alla settimana e se scatterà una nuova chiusura generalizzata sono certa che appena la legge lo permetterà sarà licenziato anche lui». Angela ha tre figlie: per lei tirare avanti è sempre più difficile. Ma la sua è una storia come tante in una regione che, secondo i dati pubblicati da Eurostat nel regional yearbook 2020, detiene il record europeo della povertà: il 53,6 per cento dei cittadini campani rischia ogni giorno di non avere nemmeno il necessario. E secondo l'Istat nella regione la povertà relativa ha inciso nel 2019 per il 21,8 per cento rispetto all'11,8 per cento che è il dato complessivo della penisola.

In questa situazione diventa difficile anche esercitare i controlli. Spiega Renato Pingue, direttore dell'ispettorato interregionale del lavoro: «Normalmente quando scoviamo un'azienda con lavoratori irregolari questa cerca di regolarizzare la propria posizione per ridurre le sanzioni. Se la quota di dipendenti in nero supera il venti per cento, va incontro addirittura alla sospensione dell'attività. In questo periodo notiamo che tanti imprenditori anziché investire per rispettare le norme preferiscono rischiare una sanzione che, per quanto grave, non è immediata vista la procedura necessaria perché un atto diventi definitivo».

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