Covid, l'emergenza è già dimenticata: «Pianura è abituata a soffrire»

Covid, l'emergenza è già dimenticata: «Pianura è abituata a soffrire»
di Paolo Barbuto
Lunedì 22 Giugno 2020, 09:00
5 Minuti di Lettura

C'è una parola che va talmente tanto di moda da essere diventata insopportabile: resilienza. Si tratta della capacità di un materiale di resistere agli urti senza rompersi, tornando alla sua forma originale. La parola resilienza è stata utilizzata fino all'abuso, in tv e nei social, spesso in modo errato. Stavolta, invece, è assolutamente pertinente perciò ci perdoneranno i lettori se la utilizzeremo pur avendola bollata come insopportabile: Pianura ha mostrato una meravigliosa resilienza di fronte all'urto violento provocato dall'emergenza sanitaria, così oggi è tornata esattamente al punto in cui si era fermata, senza subire nessuna modifica, nessun contraccolpo.

L'idea che Pianura sia un mondo a parte rispetto al caos esterno del dopo-Covid la percepisci osservando le mamme con i bimbi più piccini: non sembrano impaurite, mantengono distanze corrette ma affrontano il mondo con lo sguardo impertinente di chi sa di aver già vinto. Consentono ai piccoli di vivere la loro normalità nel parco dove il venditore abusivo sfrutta le inferriate per mettere in vetrina pupazzi gonfiabili.
 

 

La prima immagine, quella che afferri nel parco ancora assolato prima della pioggia domenicale, trova conferma man mano che ti infili dentro Pianura, dai palazzoni moderni ai palazzetti antichi e malmessi del centro antico. Esce la messa pomeridiana, la gente si accalca fuori San Giorgio Maggiore e si racconta la vita, tante mascherine ma anche tanta serenità.

Che succede a Pianura? Perché la gente sembra già lontana dall'emergenza? Marco Lanzaro è vicepresidente municipale, pianurese fino al midollo e innamorato di quella terra malandata: «La spiegazione alla ritrovata normalità c'è ed è semplice - sorride e anche gli occhi s'illuminano - qui siamo abituati da sempre alle difficoltà, alle emergenze. Sicché affrontare il Covid è stato più facile che in altre zone della città e dell'intero Paese». Sembrano di quelle parole gettate lì per fare colpo e magnificare le capacità della propria gente ma Lanzaro non vuol sembrare gradasso, mostra luoghi, convoca persone, porta sul tavolo la vita vera: «Durante il lockdown il numero di famiglie che ha chiesto aiuto per mettere un piatto a tavola è cresciuto del cento per cento. Appena la vita ha ripreso a scorrere regolarmente quelle persone hanno detto che ce l'avrebbero fatta da sole: non è che hanno ritrovato soldi e lavoro ma hanno ricominciato ad arrangiarsi come facevano prima. Ecco, forse adesso è più chiaro quel che intendo: qui la normalità è anormale, arrangiarsi è un modo di vivere quotidiano in vigore da sempre per superare le difficoltà».

C'è un dato che chiarisce con puntualità qual è la situazione di Pianura: nel quartiere dopo il lockdown hanno riaperto tutti gli esercizi commerciali, nessuno s'è arreso, nessuno è rimasto indietro. Certo, se ti fermi a parlare con i pochi commercianti aperti di domenica sentirai la consueta litania: «Introiti dimezzati... difficoltà enormi...», però a Pianura non ha chiuso nemmeno un negozio. E pure tutte le piccole imprese (lavoretti edili, manutenzione, elettricità, idraulica) hanno ripreso senza sussulti.

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Questo dettaglio che significato ha? «Probabilmente sta a significare che Pianura si autosostiene - è ancora Lanzaro a chiarire -. Mi spiego meglio: qui non viene gente da fuori a fare shopping. Chi compra in questi negozi lo fa perché l'ha sempre fatto ed è della zona per cui non smette di rivolgersi ai negozianti di sempre. Stesso discorso vale per le piccole imprese di manutenzione che hanno una clientela autoctona che le tiene a galla». Quest'idea di Pianura autarchica è affascinante e, certamente reale, anche se la metà dei centomila residenti, viene qui solo per dormire. Se lo chiami quartiere-dormitorio non si arrabbiano nemmeno i residenti perché lo sanno che è così.

E tutti conoscono gli atavici problemi mai risolti che si sono ripresentati dopo l'emergenza.
 

A ognuna delle rotonde che scandiscono ossessivamente il percorso di via Montagna Spaccata nel territorio di Pianura, fin dall'alba si assembrano centinaia di ragazzi stranieri. Sono giovani, sono disperati, aspettano un caporale che li ingaggi per la giornata: diventeranno manovali, contadini uomini delle pulizie, per dieci euro se tutto andrà bene. Quei ragazzi disperati sono l'avamposto della Pianura che soffre. Forse tra di loro c'era anche Thomas Daniel, morto il primo giugno assieme al pianurese Ciro Perrucci nel crollo del muro di una villetta in costruzione.

Il resto dei disoccupati non si mette in coda a una rotonda per essere sfruttato: va a cercarsi direttamente qualcuno che lo sfrutterà. La percentuale di disoccupazione qui è altissima, quella dei percettori del reddito di cittadinanza non è altrettanto elevata per motivi che nemmeno agli amministratori del territorio sono chiari. Così ogni mattina si muove un piccolo esercito di uomini che cercano cantine da svuotare, piccoli traslochi da eseguire, modesti lavori manuali da eseguire; e c'è anche un esercito più consistente di donne che vanno a pulire le case della borghesia, fanno le commesse nei negozi del centro e del Vomero, si occupano di anziani che i familiari non hanno tempo di curare.

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A Pianura, purtroppo, dopo la sosta del lockdown si è ripresentato anche l'atavico problema delle discariche diffuse. Sono da decenni negli stessi luoghi, sono perfino censite e la settimana scorsa l'Asìa, presidente De Marco in testa, è venuta qui e ha promesso che scompariranno. Ieri, però, le abbiamo trovate tutte al loro posto, con tanto di gabbiani a pasteggiare liberamente, come di consueto.

Quella a Pianura non è mai mancata, ecco perché durante l'emergenza non c'è stato un solo Pianurese che non si sia prodigato per gli altri. Una storia su tutte va raccontata, quella di Rosario Ciardi, 30 anni: nel periodo più difficile ha promesso alla mamma che avrebbe messo in sicurezza il quartiere. Così lui, che lavora in un ristorante, ha imparato a fare le mascherine: ne ha prodotte centinaia ed è andato in giro a regalarle a chiunque ne avesse bisogno. Nei giorni della chiusura forzata in casa ha rischiato di prendersi la multa perché usciva di soppiatto a regalare mascherine.

Ecco, forse proprio Rosario è il simbolo in grado di spiegare perché Pianura è uscita dall'emergenza così rapidamente e a testa alta. 

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