Coronavirus a Napoli, i big della ristorazione in pressing sulla Regione: «Adesso fateci lavorare»

Coronavirus a Napoli, i big della ristorazione in pressing sulla Regione: «Adesso fateci lavorare»
di Gennaro Di Biase
Martedì 7 Aprile 2020, 07:30 - Ultimo agg. 12:50
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«Un uomo senza lavoro è un uomo senza dignità - scrive sui social il pizzaiolo Ciro Salvo, di 50 Kalò - Per questo voglio riaprire». A ridosso della Pasqua, si apre lo scontro sul food delivery. La pizza è vietata solo a Napoli e in Campania. E fioccano le richieste di una trattativa con la Regione per riattivare la filiera del cibo d'asporto, la cui chiusura totale, dettata a inizio emergenza dal governatore per evitare la diffusione del contagio, è stata poi ribadita in un'ordinanza regionale del 28 marzo.

Daniele Contini, country manager di Just Eat Italia, illustra la situazione durante la crisi del Covid: «In un momento di difficoltà - dice - il delivery è uno strumento importante per supportare i ristoratori. Abbiamo realizzato un sondaggio a campione su 30mila nostri clienti, e il 90% di loro ha dichiarato essenziale oggi il food delivery. Abbiamo implementato la consegna contactless: il cibo cioè viene lasciato fuori alla porta. I nostri rider hanno guanti e mascherine, e abbiamo previsto supporto economico per chi di loro va in quarantena». E sulla situazione a Napoli? «Siamo favorevoli e pronti a una ripresa delle consegne in Campania - sottolinea - Le restrizioni variano da zona a zona, ma in tutte le altre regioni il delivery è consentito. Abbiamo fatto consegne gratis solidali al personale del Sacco di Milano, al Niguarda e alle famiglie bisognose. Lo avremmo fatto con piacere anche a Napoli, ma è tutto fermo». «Il delivery è un valido supporto per chi si trova in casa, per il cibo e per altre esigenze quotidiane - dichiara Glovo - Nel rispetto delle normative nazionali e regionali garantiamo la consegna in sicurezza di prodotti di spesa e farmaci da banco ai napoletani».
 

 

Confcommercio e Confesercenti chiedono un confronto. Questo è il tema della lettera inviata ieri da Fipe in Regione: «A un mese dall'inizio del lockdown serve un percorso condiviso per riattivare in sicurezza la consegna a domicilio che nelle altre regioni è consentita», dicono Pasquale Russo e Massimo Di Porzio di Confcommercio Campania. «Chiediamo equità con il resto d'Italia - chiarisce Vincenzo Schiavo, presidente Confesercenti Campania - Contiamo 10mila imprese che hanno facoltà, tra pizzerie e ristoranti, di fare cibo da asporto: in un mese hanno perso 100 milioni di fatturato e sono vicine al tracollo». Segnali anche dal mondo dell'artigianato e del turismo: «Alla luce dei dati positivi che arrivano dalla protezione civile - dice Antonino Della Notte, presidente di Aicast - oggi chiederemo un urgente incontro a De Luca per concordare la graduale riapertura delle attività chiuse».
 

«A New York e Miami siamo chiusi, ma a Tokyo il mio locale è aperto al pubblico - commenta Gino Sorbillo, vip della pizza napoletana - A Milano e Roma siamo aperti con il delivery, e nei prossimi giorni aprirò anche a Genova. In questo modo riusciamo a coprire le spese e teniamo viva la produzione dei prodotti caseari, che qui è ferma. Riaprirei sul Lungomare, per consegnare a Chiaia e ai Tribunali, dove ci sono molti anziani e studenti». «Ci viene imposto di restare a casa con 150 dipendenti - dice Enrico Schettino di Giappo - Un danno economico enorme che ci svantaggia rispetto ad aziende che in altre regioni stanno fatturando migliaia di euro».

Non si sposta, almeno per ora, la posizione della Regione: «Pasticcerie e ristoranti sono stati chiusi da Conte - spiegano dalla presidenza di Palazzo Santa Lucia - La nostra interpretazione del dpcm è questa. E resta tale per il momento. Valuteremo le richieste di confronto al più presto possibile ma non si torna indietro sull'ordinanza. A Pasqua le consegne affollerebbero le strade. Nel Piano abbiamo previsto sussidi per le attività chiuse che altrove non sono previste. Anche noi vogliamo riaprire prima possibile, ma non bisogna mettere a rischio i sacrifici fatti finora». «Credo che il cibo a domicilio poteva essere garantito - ha detto il sindaco de Magistris ieri a La7 - Non mette in pericolo nulla, De Luca ha fatto un po' di confusione.
La gente non può uscire per comprare la pastiera che sarebbe potuta arrivare anche nelle famiglie più povere: sarebbe stato un bel segnale di uguaglianza e avrebbe garantito un minor afflusso di gente in strada».

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