Coronavirus in Campania, ospedali di nuovo a rischio stress: troppi ricoveri in terapia intensiva

Coronavirus in Campania, ospedali di nuovo a rischio stress: troppi ricoveri in terapia intensiva
di Ettore Mautone
Lunedì 7 Settembre 2020, 23:36 - Ultimo agg. 8 Settembre, 07:01
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Covid-19, fase 2, convivenza col virus: dopo l’impennata dei contagi iniziale si intravede ora il progressivo aumento delle ospedalizzazioni e dei malati curati in terapia intensiva. Partiamo dai ricoveri: dal 21 luglio (quando si registra il dato più basso dall’inizio dell’epidemia) al 7 settembre, i malati con sintomi che hanno varcato la soglia di un Covid center sono passati da 732 a 1.719 (che corrisponde a un incremento del 135%). Sul fronte delle terapie intensive dal 28 luglio (dato più basso dell’epidemia) si è passati da 40 a 142 casi il 7 settembre (+255%) al netto dei decessi e dei guariti sottratti. A guardare i decessi, parametro che aumenta e diminuisce per ultimo seguendo con una certa latenza la scia degli altri due, in valore assoluto dal 21 luglio se ne contano 480 con una certa variabilità tra le Regioni e un trend di crescita. Ieri, ad esempio, sono aumentati ancora i malati in terapia intensiva e in regime di ricovero ordinario, rispettivamente di 9 e 36 unità. E sono cresciuti anche quelli che non ce l’hanno fatta a superare l’infezione: da 8 a 12 i decessi. In attesa di scavare e approfondire per capire chi siano queste persone, quali patologie di base avevano, quanto l’infezione abbia inciso sul loro stato di salute e accendere i fari sulla carne viva dei malati critici vittima del virus i numeri assumono una loro rilevanza assoluta: negli ultimi 5 giorni ad esempio abbiamo avuto 55 morti. Non sono ancora molti - diranno i più scettici - ma intanto è un fatto incontrovertibile essere risaliti ai livelli cui eravamo giunti, in fase di discesa, intorno al 20 luglio. 

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IL MONITORAGGIO 
Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe registra nella settimana 26 agosto-1 settembre, rispetto alla precedente, un incremento del 37,9% dei nuovi casi (9.015 contro 6.538) e del 52,2% dei casi attualmente positivi (7.040 contro 4.625). In lieve incremento anche i decessi (46 contro 40). «L’ascesa del numero di nuovi casi e delle persone attualmente positive - dice Nino Cartabellotta, medico ed epidemiologo, presidente di Gimbe - è conseguente sia all’incremento dei casi testati, sia al costante aumento del rapporto tra positivi e casi testati e si consolida il trend in aumento delle ospedalizzazioni con sintomi e dei pazienti in terapia intensiva. Segnali che vanno tutti nella direzione di una ripresa dell’epidemia nel nostro Paese, sia in termini epidemiologici che di manifestazioni cliniche, proprio alla vigilia del momento cruciale della riapertura delle scuole». Nel quadro di una circolazione endemica del virus (convivenza con il virus) l’aumento progressivo dei focolai provoca una crescita esponenziale dei nuovi casi, anche autoctoni, in parte da rientro di vacanzieri e, in misura nettamente minore, di importazione da stranieri. Infatti, da 1.408 nuovi casi riportati nella settimana 15-21 luglio siamo passati a 9.015 nuovi casi di quella 26 agosto-1 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati che è schizzato dallo 0,8% al 2,3%. «Secondo le ben note dinamiche dell’epidemia, l’impennata della curva dei contagi – precisa Cartabellotta – si riflette in maniera sempre più evidente sull’aumento dei pazienti ospedalizzati». 
 


IL VIRUS 
Si può discutere sulla minore virulenza e aggressività del nuovo virus (sette i ceppi che circolano in Italia secondo un studio pubblicato di recente) ma in questo scenario fatto di dubbi, incertezze, discordi posizioni degli stessi specialisti che formano addirittura un fronte diviso tra opposte fazioni con diverse coloriture politiche tra chi nega la pericolosità della seconda ondata (o della scia lunga della prima) e chi invece mette in guardia dalla sottovalutazione della attuale tendenza al rialzo dei casi resta intatto il consiglio alla prudenza e ad adottare con grande scrupolo tutte le misure di prevenzione possibili (mascherine, distanziamento, lavaggio delle mani) a prescindere dall’età proprio per proteggere i più fragili. 

SCREENING
«Gli screening al rientro dalle ferie o nei territori, con tamponi e test di controllo alle frontiere, in ospedale o sul lavoro, servono a far emergere i nuovi positivi e non ne dobbiamo avere paura - spiega intanto Alessandro Perrella infettivologo del Cardarelli di Napoli dove sono registrati molti positivi tra pazienti e degenti - strategia che mancava nella prima fase quando invece siamo stati colti di sorpresa dopo che il virus ha corso sotto il pelo dell’acqua per mesi senza dare grandi segni di allarme. Pertanto il fenomeno, oggi controllato, potrebbe essere lo stesso di quello visto nell’autunno di un anno fa ma non darà mai gli stessi esiti». Cosa è cambiato da allora? La strategia di intercettazione dei casi, oggi cercati e non subiti, le cure più affinate, la conoscenza del virus e della sua fisiopatologia.
Sta di fatto che i numeri dei nuovi contagi in questa fase non sembrano risparmiare il Sud con Campania, Puglia, Sicilia che si sono stabilmente collocate nella parte alta della classifica tra le regioni con il più alto numero di contagi giornalieri mentre proprio la Campania è da alcuni giorni stabilmente attestata al terzo posto in Italia dopo Lazio e Lombardia, per pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva.

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