Covid, cosa è cambiato in sei mesi: la curva risale ma c'è meno carica virale

Covid, cosa è cambiato in sei mesi: la curva risale ma c'è meno carica virale
di Gigi Di Fiore
Giovedì 8 Ottobre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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Che cosa è cambiato in sei mesi. Il coronavirus tra lockdown, vacanze estive, scoperte di nuove cure e conoscenze mediche maggiori anche attraverso le autopsie dei deceduti autorizzate solo a giugno. Se si guarda alle tabelle dei bollettini della Protezione civile, si riesce con i numeri a farsi un’idea dello stato e dell’evoluzione dell’epidemia.

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Prendiamo il 23 marzo, uno dei giorni di maggiori difficoltà, quando si era in pieno lockdown e l’emergenza in Lombardia era al culmine. Al sud, i casi erano ancora contenuti. E, soprattutto, in assenza di autopsie, i pazienti gravi venivano ricoverati in terapia intensiva e intubati nella convinzione che il virus aggredisse i polmoni creando difficoltà solo respiratorie.

Quel 23 marzo, i contagiati del giorno erano 4789.

I morti furono 601, con un numero di tamponi che sei mesi dopo sembra risibile: 17mila. Erano i giorni delle difficoltà a trovare mascherine, a fare i tamponi, ad assicurare ventilatori respiratori negli ospedali. In rapporti ai tamponi, la percentuale dei positivi era del 28 per cento. Indicativi i dati sugli ospedali: su 20692 ricoverati con sintomi, ben 3204 erano in terapia intensiva. 

 

«Non sono un infettivologo, ma un clinico - dice Gennaro D’Amato, pneumologo, docente per anni primario di malattie respiratorie all’ospedale Cardarelli di Napoli - Dai miei colleghi al Cotugno, ricevo di continuo un quadro aggiornato della realtà. Solo al Cotugno possono curare i pazienti con il Remdesivir, il farmaco utilizzato per Trump e Berlusconi, il più efficace nei casi sintomatici della malattia».

Quel 23 marzo, in Campania il Covid-19 era ancora un mostro lontano e contenuto. I ricoverati erano 266, di cui 110 in terapia intensiva. Con 870 tamponi, numero davvero irrisorio, furono accertati quel giorno 63 nuovi positivi, ma fino a quel momento i tamponi erano stati 5813 con 929 positivi totali. I morti erano stati 49, 20 solo in quel giorno, mentre i guariti totali 48 (7 in quel giorno). Numeri che, confrontati con la situazione di allora nelle regioni al nord, non facevano ancora preoccupare. Si pensò comunque a evitare il peggio, con l’unità di crisi, le ordinanze regionali di otto giorni prima, gli acquisti di mascherine e ventilatori respiratori, la predisposizione degli appalti per i Covid center modulari.

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«Era il mese del lockdown, che diede una grossa mano a contenere l’espansione del virus - aggiunge il professore D’Amato - L’osservazione era concentrata sulle malattie respiratorie e le complicazioni dovute alle percentuali alterate di ossigeno nel sangue. Poi, mentre anche in Cina ne avevano eseguite poche, in Italia si sono avviate le prime autopsie che hanno fatto capire come questo virus insidioso aggredisse con trombi le arterie delle vie respiratorie. Erano tra le cause principali delle complicazioni e delle morti».

Da marzo, con l’estate delle vacanze e la ripresa delle movide, il campionato di calcio e le scuole di nuovo aperte, i numeri nazionali della Protezione civile danno comunque dati in calo. Il giorno preso a campione è sabato scorso, tre ottobre. I contagiati sono risultati 2844, con 27 morti. Rispetto a sei mesi fa, sono il 95 per cento in meno. È cambiato anche il numero dei tamponi: rispetto a marzo, sono aumentati sette volte arrivando, sabato scorso, a 118.932. La percentuale tra positivi e tamponi è del 2 per cento, mentre sei mesi fa era del 28 per cento. Incoraggiante il dato sui ricoveri in terapia intensiva: 297 rispetto ai 3204 di marzo.

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«È come se le nuvole di virus, contenute con gli accorgimenti preventivi, giunte al massimo della concentrazione tra marzo e aprile, si fossero ridotte di intensità a maggio, riorganizzandosi nelle ultime settimane, ma con minore carica virale» spiega il professore D’Amato. Un’osservazione basata soprattutto sulla realtà campana. Se ieri, per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, in Campania i positivi hanno superato i 500, sabato scorso erano 410 solo in quel giorno, ma 7042 quelli accertati da inizio epidemia. Sempre sabato e sempre in Campania, ci sono stati 5 ricoveri nuovi (434 i totali) con un solo paziente nuovo in terapia intensiva (40 in totale) e 103 guariti in quel giorno (6418 in totale). C’è stato un morto (465 nella regione da inizio epidemia) e i tamponi eseguiti sabato sono stati 7498. Una cifra di sicuro maggiore agli 870 tamponi di sei mesi fa. Più tamponi e, anche per questo, più positivi accertati, che ora sono in prevalenza asintomatici e si curano a casa.

«Ho diversi pazienti con febbre e in qualche caso tosse - spiega ancora il dottore D’Amato - Sono persone che hanno preso il contagio in luoghi di vacanza, qualcuno in famiglia. Gli affollamenti di metropolitane, funicolari, autobus sono veicoli di trasmissione del virus. Per prevenirne le conseguenze peggiori, con l’arrivo dell’inverno è consigliabile la vaccinazione anti influenzale tetravalente anche se so che, al momento, le farmacie ne sono sprovviste».
 

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