«Farmaco per 250 malati», a Napoli la cura per il coronavirus fa un passo avanti

«Farmaco per 250 malati», a Napoli la cura per il coronavirus fa un passo avanti
di Maria Pirro
Giovedì 12 Marzo 2020, 07:55 - Ultimo agg. 11:22
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«Noi siamo pronti. Vogliamo estendere la cura ad almeno 250 pazienti per confermarne l'efficacia con uno studio clinico e adesso aspettiamo l'autorizzazione». Messo a punto e inviato all'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, il protocollo che rappresenta una speranza contro la polmonite severa da Covid-19. Lo hanno ideato i medici napoletani Paolo Ascierto, Enzo Montesarchio, Franco Perrone e Roberto Parrella in tempo record, per utilizzare il prodotto off-label, l'anti-artrite tocilizumab, nell'emergenza nazionale. E così tentare di ridurre la mortalità e liberare posti letto preziosi in rianimazione. Perché la sanità del Mezzogiorno è in affanno a causa di risorse carenti e minori tecnologie, ma riesce a competere e, anzi, a tirare la volata a quella del Nord grazie alle eccellenze che si distinguono per formazione e respiro internazionale, creatività e passione. Così i professionisti al lavoro in due ospedali partenopei, il Pascale e il Cotugno, sabato scorso hanno iniziato la terapia e immediatamente hanno condiviso la loro esperienza con i colleghi di Bergamo, Milano, Fano, Piacenza, Modena, Conigliano veneto, Bari, Lecce, Roma.

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Oltre dieci i pazienti trattati nella penisola. «È importante fare network e coinvolgerne altri in modo da poter confrontare i risultati, al momento incoraggianti non solo tra i nostri assistiti in rianimazione, ma anche in altre realtà che sono partite subito dopo di noi o sono interessate a farlo», spiega Enzo Montesarchio, primario di Oncologia nel polo di riferimento regionale per le malattie infettive. Di più. È necessario perché la forma grave della malattia, che può essere letale ed è scatenata dal nuovo virus, non ha un antidoto specifico.
 

 

IL PONTE CON LA CINA
È la prima volta che il trattamento viene usato in Italia, dopo i 21 malati seguiti nell'ospedale dell'University of Science and Technology of China. Per 20 è andata bene: «Sono stati dimessi, da noi non ci sono più ricoverati», è quanto ha spiegato ieri nell'intervista al Mattino il medico cinese Wang Dongxiang, nell'équipe che ha somministrato il prodotto, sostenendo la collaborazione «senza precedenti» tra i due Paesi, «iniziata proprio per affrontare l'emergenza mondiale». «Abbiamo stabilito un vero ponte della ricerca con i colleghi», fa notare soddisfatto Gerardo Botti, direttore scientifico del Pascale. «La nostra esperienza più che decennale nell'utilizzo dell'immunoterapia nei pazienti oncologici - chiarisce il direttore delle Terapie innovative al Pascale, Paolo Ascierto - ci ha condotto allo scambio di informazioni e dati. Abbiamo intuito il potenziale dei farmaci anti-interleuchina 6, classe di cui fa parte tocilizumab, nel trattamento delle complicanze del coronavirus perché lo avevamo già usato per contrastare la sindrome da rilascio citochimica dopo la terapia con le cellule Cart-T in alcuni tipi di tumori».

IL METODO NAPOLI
I pazienti assistiti così a Napoli sono sei, otto con la seduta fissata in mattinata. Tutti ricoverati in terapia intensiva. Tutti uomini, dai 51 ai 67 anni (l'età media è superiore ai 60). Tutti, eccetto uno, affetti da patologie pregresse: ipertensione, diabete, cardiopatie. Tutti i casi più preoccupanti, tenuti in vita con la ventilazione meccanica. Tra loro, c'è anche un medico; mentre il primo paziente sottoposto alla cura potrebbe tornare in reparto oggi, una volta effettuata la tac di controllo. Il protocollo, che traccia l'identikit dei candidati adatti alla terapia, si chiama Tocivid-19 (crasi tra Covid e il nome del farmaco) e deve avere l'ok dell'Aifa. Come fattore determinante nella scelta di chi trattare, indica l'interluchina-6 (oltre i 40, come valore: in linea con le indicazioni di Pechino), ma anche il numero di linfociti (le cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi) e i dati sull'infiammazione polmonare e la funzionalità respiratoria che migliora con il medicinale, stando ai primi riscontri. Si punta a raggiungere un campione di 50 pazienti nel giro di qualche giorno, oltre 250 per la ricerca. «Lo studio clinico può essere multicentrico, con un coordinamento deciso dagli enti regolatori: c'è tanta voglia di fare tra i colleghi», afferma Montesarchio. E i riscontri sono attesi a stretto giro perché il tocilizumab agisce in 24-48 ore, massimo 5-6 giorni.

L'infusione è unica, usando lo schema cinese. Ma non è detto: «Potrebbe essere indicato anche un secondo ciclo, così come si fa già per contrastare la tossicità delle cure anti-cancro in Car-T», aggiunge Montesarchio, anticipando le ipotesi al vaglio. Ascierto chiarisce che il farmaco «viene impiegato nella polmonite da Covid-19 solo off label, cioè al di fuori delle indicazioni per cui è registrato, ma si conosce tutto del prodotto, anche gli effetti collaterali». E ribadisce: «E importante che l'utilizzo venga esteso quanto prima, così potremo salvare più vite. Serve subito il protocollo nazionale per estendere l'impiego: il farmaco ha dimostrato di essere efficace». E, con l'obiettivo di accelerare, a Napoli è stata costituita una task force guidata, oltre che da Ascierto e Montesarchio con Franco Buonaguro, direttore di Biologia molecolare e oncogenesi virale dell'istituto tumori.

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