App sospese, cibi cotti vietati, food delivery cancellato: queste le restrizioni imposte dalla Regione Campania per contenere ogni rischio di contagio. Al contrario di quanto avviene altrove in Italia, qui l'asporto di piatti pronti è al palo e resta consentita solo la produzione di pane. Ma gli ultimi giorni hanno prodotto un rebus sulle ordinanze: «Just Eat, Uber Eats e Glovo sono bloccate solo in Campania - dichiara l'avvocato Valerio Minucci, esperto del settore sanitario - L'ordinanza regionale numero 13 del 12 marzo ha vietato il delivery in regione fino al 25 marzo ed era più gravosa di quella emessa da Conte il giorno prima, che consentiva la ristorazione a domicilio, confermata nel dpcm del 22 marzo. L'ordinanza del 12 marzo di De Luca è scaduta il 25, giorno in cui il governatore ne ha emesse altre due, la 24 e la 23, in cui non si parla di proroghe dell'ordinanza 13. Conte ha permesso alle Regioni di agire in maniera più restrittiva, ma qui la Regione non ha ancora prodotto documenti ufficiali in merito al prolungamento del divieto di delivery e cibi cotti».
«Per la nostra avvocatura una nuova ordinanza non era necessaria - ribatte la Regione - L'interpretazione che alcuni hanno fornito del decreto dell'11 marzo era blanda. In ogni caso, il cibo cotto o da asporto è vietato ovunque in Campania». E in serata viene infatti diramata la nuova ordinanza: «Fino al 14 aprile, ferme restando le misure statali e regionali vigenti, con riferimento al territorio regionale della Campania sono adottate le seguenti, ulteriori misure: ulteriormente sospesi le attività e i servizi di ristorazione, fra cui pub, bar, gastronomie, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, anche con riferimento alla consegna a domicilio; i supermercati e gli altri esercizi di vendita di beni di prima necessità possono effettuare consegne a domicilio soltanto di prodotti confezionati e da parte di personale protetto con appositi DPI (Dispositivi di Protezione Individuale); è vietato lo svolgimento di fiere e mercati per la vendita al dettaglio, anche relativi ai generi alimentari. Sono esclusi dal divieto i negozi che si trovano nelle aree mercatali».
Antonio Arfè ha 63 anni ed è titolare dell'omonima storica gastronomia in via Piscicelli: «Questa restrizione ci penalizza moltissimo - esordisce - Siamo nati come gastronomia e, pur essendo anche salumeria, lavoriamo prevalentemente con cibi cotti. I prodotti cucinati rappresentano l'80% del nostro incasso, ma non ne faccio una questione economica: fino a 10 giorni fa, prima che ci fosse vietato, i nostri piatti aiutavano una quindicina fra anziani e invalidi del quartiere. Molta gente non ha la possibilità di cucinare. Una donna cieca e senza governante e ora si nutre solo di provolone e salame. Resteremo sempre aperti, finché l'emergenza lo impone, ma siamo in una situazione paradossale: che differenza c'è tra un cibo cotto e uno non cotto, dal punto di vista del contagio? Nei giorni scorsi vigili e Asl hanno eseguito molti controlli, sanzionando chi cucinava prodotti diversi dal pane».
Sono circa 30 le attività sanzionate dall'inizio delle restrizioni da Covid. «Stiamo producendo solo pane e panini - spiega Vincenzo Cantone dell'omonima panetteria in via Nicolardi - tutte le altre vendite di pizzette, parmigiana, pasta al forno e altri cibi cotti sono sospese. Se la situazione continua così non faremo nemmeno pastiere e casatiello per Pasqua. Gli agenti sono venuti tre volte in due settimane a controllare che mi attenessi alle restrizioni. Resto aperto tra mille difficoltà, spero almeno così di dare una mano».
«Anche per me sono tempi duri - dice Ciro Russo, de I Sapori di Casa di via Di Vittorio a Qualiano - Abbiamo interrotto la produzione di dolci da forno, pizza in teglia. I guadagni di rosticceria sono p alti di qualli del pane. La situazione è sacrificata, e ci basta solo a pagare le spese, ma sono fiero di appartenere alla categoria di beni di prima necessità». Il settore dei piccoli imprenditori della gastronomia è in difficoltà: risale all'altro ieri la chiusura di Moccia, panetteria di Chiaia.
«Vendita e produzione dei cibi cotti o di asporto non sono consentite chiarisce la Regione né negli alimentari né nei supermercati. Sarà una Pasqua senza pastiere e casatielli. Le restrizioni, spiegano dall'assessorato alle Attività Produttive di Palazzo Santa Lucia, «non riguardano i prodotti, ma la limitazione dei luoghi di potenziale assembramento», e sono dunque in linea con il pugno duro mostrato da Vincenzo De Luca per scongiurare il pericolosissimo rischio di un'escalation di contagi in Campania. «La salute è prioritaria - aggiunge Pasquale Russo, direttore di Confcommercio Napoli - ma la restrizione sui cibi cotti non ci sembra utile al contenimento del contagio. Che differenza c'è tra un cibo cotto e la consegna di un altro tipo di prodotto online, che è normalmente consentita? Una limitazione simile non esiste a Milano o in Emilia. Le vendite online sono cresciute del 50% in Italia dall'inizio dell'emergenza covid. Le app di food delivery, una volta vietata la produzione di cibi cotti, hanno naturalmente sospeso le consegne in Campania».