Coronavirus, Melania Rea: la famiglia dona i proventi della fondazione a chi lotta contro il virus

Coronavirus, Melania Rea: la famiglia dona i proventi della fondazione a chi lotta contro il virus
Coronavirus, Melania Rea: la famiglia dona i proventi della fondazione a chi lotta contro il virus
Mercoledì 15 Aprile 2020, 12:53 - Ultimo agg. 14 Febbraio, 10:40
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Un gesto, semplice, ma bellissimo. Che ridà speranza in un momento così buio. «Abbiamo deciso di devolvere i proventi delle donazioni raccolte in questi anni dalla onlus Melania Rea, a favore delle famiglie e dei medici che stanno lottando contro il coronavirus». Lo racconta Michele Rea, fratello di Melania, la bellissima mamma di Somma Vesuviana, uccisa a Ripe di Civitella dal marito, Salvatore Parolisi, il 18 aprile 2011. Michele, che in questi giorni, come tutti, osserva la quarantena e si prepara a onorare l'anniversario della scomparsa di Melania in forma privata, ci tiene a ringraziare quanti, in questi 9 anni, hanno donato denaro alla associazione Melania Rea, fondata 11 anni fa a Somma Vesuviana (Napoli), in memoria della 32enne vittima di femminicidio, a favore di tutte le altre donne vittime di violenza.

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«Voglio veramente dire grazie a chi ci sostenuto perché adesso possiamo essere utili a quelle famiglie e a quei medici che stanno affrontando l'emergenza. È un piccolo gesto, è tutto quello che possiamo fare, ma siamo felici di fare la nostra parte. Si avvicina l'anniversario della morte di Melania – dice ancora – lo vivremo nell'intimità delle nostre case, ma il Vescovo, nostro amico, si ha promesso che celebrerà una messa solitaria in suo nome, questo sabato 18 aprile». Quanto a Vittoria, la figlioletta di Melania che 9 anni fa perdeva sua madre per mano de padre, oggi ha 10 anni. «Sta per finire le elementari, sta bene, è una bambina serena – racconta Michele – anche lei in questi giorni studia a casa, come tutti i bambini». Vittoria, infatti, dopo l'arresto del padre Salvatore Parolisi, che ha perso la patria potestà, è stata affidata ai nonni materni coi quali vive tutt'ora. Quanto al femminicida Salvatore Parolisi, è stato degradato dal ruolo di caporalmaggiore dell'Esercito e sconta la sua condanna a 30 anni nel penitenziario di Bollate, a Milano dove è stato trasferito dal carcere militare, avendo perso i gradi.
 

 

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