Coronavirus a Napoli, nel piazzale del Cotugno ore di attesa e carabinieri

Coronavirus a Napoli, nel piazzale del Cotugno ore di attesa e carabinieri
di Maria Pirro
Mercoledì 21 Ottobre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 13:31
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Le due di pomeriggio. La sirena dell’ambulanza che si sente dalla strada. L’autista fa una deviazione verso il Cotugno, ma non trasporta un paziente Covid: venti minuti dopo riparte. San Gennaro è davanti al pronto soccorso. Lo sfiora un operatore sanitario in camice e mascherina, mentre le donne con i giubbotti già invernali risalgono a piedi, fino a raggiungere l’ingresso. Nessuno siede sulle panchine. Alle  15.01 passa l’unità mobile di rianimazione, alle  15.21 arriva un altro mezzo. Ed è questo, il primo, che si ferma e chiede assistenza per un ammalato grave, colpito dal coronavirus. Aspetta, per ore. 

Fino all’intervento dei carabinieri. Ma, prima che tutto questo accada, il dolore attraversa i viali dell’ospedale diventato il simbolo della speranza e del lutto: un carro funebre porta via una bara. «Grazie col cuore», si legge sul lenzuolo, appena prima di lasciare la struttura sanitaria. 

 

Dentro, il portellone laterale dell’ambulanza è aperto, ma il paziente resta a bordo. Non si vede apparire mai. Intorno, c’è un via vai di operai impegnati in interventi di manutenzione. Commovente è l’uscita di una donna in carrozzina: il suo viaggio è al contrario, con i familiari, verso casa.

Volta appena la testa e alle 15.52 si vede un’altra ambulanza parcheggiare davanti alla porta a vetri: i suoi infermieri indossano i camici monouso, lunghi e bianchi, i pantaloni arancioni e i calzari. Non sono ammessi parenti, ed è questo un dramma nel dramma. L’atmosfera e il tempo sembrano sospesi. Continua l’attesa. Ma, alle 16.33, gli addetti si ritrovano a dover spiegare quel che accade ai militari della stazione di Piscinola. 

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Sono due le gazzelle inviate per «una rissa tra operatori del 118 e personale del Cotugno», la segnalazione. Una lite che non si è mai verificata, mentre è reale il problema dovuto all’aumento dei contagi e ai letti esauriti in ospedale. «Abbiamo un paziente in codice rosso, abbiamo già esaurito una bombola di ossigeno: non ci fanno trasportare la lettiga all’interno e dalla centrale ci dicono di non muoverci», riassume il personale della seconda ambulanza, ma la prima è nella stessa situazione. «Non possiamo accettarli perché non ci sono più posti», la risposta degli altri operatori, quelli del Cotugno, che spiegano che la direzione ha inviato un fax già in mattinata per comunicarlo, in modo di dirottare altrove le ambulanze. Ma i militari non possono decidere il da farsi, redigono il verbale. D’improvviso, la svolta. Alle 17.01, due ore dopo la sosta, se ne va la prima ambulanza, dopo aver lasciato il suo paziente al Cotugno. Al 17.03 anche il secondo viene trasportato all’interno del polo di eccellenza per la cura delle malattie infettive. E questa è la cronaca di una giornata «tranquilla», a giudicare dalle dichiarazioni dei responsabili del servizio e dei sindacati.

«Va meglio perché sono stati aperti altri reparti, con 80 posti aggiuntivi: al Cardarelli e al Cotugno, ed è programmato il potenziamento dell’assistenza anche all’Ospedale del Mare», dice Giuseppe Galano, direttore del 118. Domenica scorsa, però, è stata tragica: con un’ambulanza della Croce Rossa bloccata, ad esempio, per oltre quattro ore davanti a un pronto soccorso cittadino, fino a chiedere il cambio turno. Ieri, un’altra ambulanza ha trasferito, invece, un paziente dal capoluogo a Benevento. Proprio per l’«overbooking». Paolo Monorchio, presidente del comitato provinciale di Napoli, è preoccupato anche per altre lungaggini: «Dai tempi di intervento per le fratture a quelli per la cardiologia, c’è un’altra emergenza che riguarda i malati non Covid», avvisa. E il sistema è in crisi non solo in città. Difatti, Paolo Ficco, presidente del Saues, in una lettera inviata a nome della categoria alla Asl di Caserta («Ma le stesse difficoltà si registrano in tutta la Campania») segnala «ritardi, anche di due ore, negli interventi del 118», idem per il trasporto dei dializzati in ospedale e un’organizzazione da rivedere. «La sanificazione della maggior parte delle ambulanze della Asl di Caserta - scrive - avviene nella sede di un’associazione a Caivano, dove convergono anche i mezzi delle Asl Napoli 2 e Napoli 3. E i dispositivi di protezione vanno poi presi ad Aversa». Altre attese, dunque, Ritardi in partenza che si sommano quelli all’arrivo. Tant’è che, più spesso, i pazienti raggiungono in auto l’ospedale anziché aspettare le ambulanze.

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