Covid a Napoli, l'accusa: «Per mio suocero niente farmaci salvavita, l'hanno lasciato morire su una barella»

Covid a Napoli, l'accusa: «Per mio suocero niente farmaci salvavita, l'hanno lasciato morire su una barella»
di Maria Chiara Aulisio
Sabato 21 Novembre 2020, 23:00 - Ultimo agg. 22 Novembre, 11:49
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L’odissea di Gennaro Caputo, classe ‘52 - morto di Covid su una lettiga nel pronto soccorso dell’Ospedale del Mare lo scorso 14 novembre - è raccolta in una dettagliata denuncia che suo figlio ha consegnato nelle mani degli agenti della Questura di Napoli. Un racconto agghiacciante, scene da film dell’orrore che Vincenzo, distrutto dal dolore, ha condiviso anche con il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli che ora chiede «l’apertura immediata di una indagine interna per stabilire la verità su questa ma anche su altre vicende che coinvolgono il presidio di Ponticelli». La direzione sanitaria dal canto suo preferisce non fornire alcuna versione dei fatti demandando la risposta all’ufficio stampa aziendale che, ugualmente, si astiene da ogni spiegazione. A raccontare invece ciò che sarebbe accaduto - sulla base delle informazioni che la famiglia di Gennaro ha messo a disposizione degli investigatori - è Marcella, giovane nuora della vittima, che ha condiviso ogni momento di questa brutta storia con suo marito Vincenzo e che oggi sceglie di parlare al suo posto. «Lui non ce la fa - spiega la donna - da quando è morto il padre è come se si trovasse in una condizione di perenne stordimento: i medici dicono che è ancora sotto choc, speriamo solo si riprenda presto».

 


Marcella, andiamo con ordine. Che cosa è successo a suo suocero?
«Parto dalla fine. Lo abbiamo trovato senza vita in un mare di urina, completamente scoperto, con la bava che gli ricopriva il volto, i pantaloni abbassati alle ginocchia e gli occhi sbarrati».
Dove?
«In una stanza del triage. Lui morto in mezzo a due pazienti vivi. Alla richiesta di un lenzuolo per coprirlo, e restituirgli un po’ di dignità, la risposta è stata che lenzuola non ce n’erano». 
Avete avuto accesso al pronto soccorso?
«Sì. Quando la dottoressa ha telefonato per dirci che mio suocero era finito, Vincenzo si trovava già in ospedale, stava parcheggiando l’auto: in pochi minuti ha raggiunto il triage. È un operatore socio sanitario, mio marito, lo hanno fatto entrare con la tuta anti Covid di sua proprietà, ovviamente. Ma non era la prima volta». 
Era già stato lì?
«Sì, il giorno prima. Quel reparto è una tale baraonda... e meno male: si era spostata la mascherina dell’ossigeno, nessuno gliela aveva rimessa a posto. Quando è arrivato Vincenzo quel poverino quasi non riusciva più a respirare».
Poca assistenza insomma?
«Poca? Zero. Gennaro è stato ricoverato il 14, si è spento il 16: in due giorni non gli hanno dato nemmeno le medicine contro il diabete e quelle per il cuore, mio suocero era cardiopatico. Potrebbe essere morto anche per la mancata somministrazione dei farmaci salvavita».
Come fa a dirlo?
«La busta delle medicine che aveva con sè, e tanto ci eravamo raccomandati con i medici, non l’hanno neanche aperta.

In sintesi: Gennaro è stato parcheggiato su una lettiga e lì è rimasto fino a quando non ce l’ha fatta più. L’unica terapia somministratagli è stata l’ossigeno». 

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E gli altri pazienti? 
«Tutti abbandonati. Uno accanto all’altro, in attesa chissà di che cosa. Forse di morire così come è successo a mio suocero. Mio marito, ogni volta che è riuscito a entrare in quel pronto soccorso, ha aiutato pure gli altri. Non so quante mascherine di ossigeno mi ha raccontato di aver riposizionato».
In quali condizioni Gennaro è arrivato all’Ospedale del mare?
«Codice giallo: lo stato generale non era grave se non per i problemi respiratori. I medici del 118 - che ancora ringrazio perché loro sì che sono stati straordinari - ci hanno consigliato di trasferirlo in ospedale: bombole di ossigeno non ne avevamo trovate, solo una mezza rotta prestata da una vicina di casa, e allora meglio non rischiare. Non lo avessimo mai fatto...». 
Quando è morto suo suocero?
«Circa 48 ore dopo il ricovero. Ora gli faranno l’autopsia. Vediamo che cosa verrà fuori. Poi qualcuno dovrà pagare. È vero che siamo in emergenza e i medici sono sempre troppo pochi, ma è anche vero che le persone non si possono lasciare morire così. È disumano e non può essere tollerato».
 

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