Coronavirus a Napoli, dalle aule ai caffè
tutti i movimenti dei sei contagiati in città

Coronavirus a Napoli, dalle aule ai caffè tutti i movimenti dei sei contagiati in città
di Leandro Del Gaudio
Domenica 1 Marzo 2020, 08:05 - Ultimo agg. 22:16
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Mercoledì mattina hanno attraversato i locali di Caserma Garibaldi, dinanzi ai giudici di pace civile. Hanno percorso le scale dell’antica struttura di via Foria, probabilmente si sono fermati a sorseggiare un caffè nei bar della zona, poi hanno preso parte ai rispettivi processi. Udienze di routine, per professionisti impegnati prevalentemente in materia civilistica. Giovedì invece almeno in due si sono recati in Tribunale, al Centro direzionale, sempre alle prese con aule e udienze, qualche momento di pausa nei bar di piazza Cenni, poi ascensori e toilette, prima di lasciare la cittadella giudiziaria e fare ritorno a casa. Sono queste le tappe dei sei colleghi di studio di “paziente uno”, l’avvocato risultato positivo al Coronavirus, dopo aver chiesto con forza ai medici del Cotugno di essere sottoposto al test. Ricordate il caso? Mercoledì mattina una sorta di odissea tra numeri verdi e telefonate al 118, prima di rivolgersi al Cotugno per ottenere il tampone. Parliamo del 50enne avvocato napoletano che ha anche uno studio a Milano, dove si è recato per lavoro lo scorso 21 febbraio.

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I NUOVI POSITIVI 
Come è noto, almeno sei dei suoi 14 colleghi di studio sono risultati contagiati, tanto che è logico pensare che siano state avviate le procedure da parte delle istituzioni sanitarie (e della protezione civile) per conoscere in modo approfondito la trama dei rapporti vissuta nel proprio contesto privato e in quello pubblico da ciascuno dei nuovi pazienti. Massimo riserbo - come è doveroso - per la privacy di ognuno, a partire da una premessa: i sei colleghi di “paziente uno” (assieme ad altri otto o nove colleghi risultati invece negativi) si sono recati di loro spontanea iniziativa venerdì mattina a sottoporsi al test. Lo hanno fatto con spirito civico, lo stesso che ha spinto il primo avvocato a rivolgersi al Cotugno dopo la trasferta a Milano, senza attendere una convocazione da parte di medici o protezione civile. Ma torniamo alle loro vite, proviamo a capire che tipo di rapporti hanno intrecciato nei giorni in cui hanno contratto il virus.
 

 

IL PROFILO
Chi sono i sei nuovi contagiati? Si tratta di due segretarie di studio e di quattro avvocati. Questi ultimi, mercoledì mattina, erano in Caserma Garibaldi per le udienze dinanzi ai giudici di pace; solo due avvocati - lo ripetiamo - sono stati giovedì in Tribunale al Centro direzionale. In quali condizioni si trovano? Non hanno sintomi preoccupanti: un paio di giovani donne hanno qualche decimo di febbre, fino a 37 e mezzo; un altro paio di contagiati hanno tosse secca, ma senza febbre; un altro paio di positivi al virus sono invece completamente asintomatici. Inutile dire che nei loro confronti si è scatenata la paura e la curiosità (ai limiti del morboso) di un’intera fetta di cittadinanza napoletana. Gli ho stretto la mano? In quali udienze posso averli incrociati? Sono le domande che attraversano in queste ore le migliaia di avvocati che in questi giorni si sono mossi tra via Foria e Centro direzionale. Stesso discorso fatto da parenti o da semplici cittadini che possono aver condiviso qualche ora in palestra, qualche minuto al supermercato o qualche attimo all’esterno di una scuola ad accompagnare i rispettivi figli.

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LA GOGNA
Ed è ancora un clima da caccia all’untore quello subìto da “paziente uno”, dal primo avvocato contagiato. Spiega al Mattino il 50enne napoletano: «Ormai sto vivendo una sorta di gogna, che passa soprattutto attraverso i social e siti on line. In questa storia sono stato l’unico ad avere senso civico, pretendendo con tutte le forze un tampone e informando tutti i miei conoscenti, amici, colleghi e parenti. Invece su di me si è scatenato un clima da medioevo. Via whatsapp e su alcuni giornali, leggo cose assurde, su cui saranno chiamati a rispondere i responsabili: c’è chi mi attribuisce una condotta biasimevole, quando dovrebbero ringraziarmi tutti, a cominciare dalle istituzioni regionali e cittadine per come mi sono comportato». Ma in cosa consiste la gogna di cui parla l’avvocato? «C’è chi sostiene di avermi incrociato a Marano per un processo (mai stato a Marano), chi dice di avermi visto in tabaccheria a comprare sigarette (non ho mai fumato), c’è chi se la prende con mia moglie e con mio figlio». Una «vergogna», insiste: «Una vergogna organizzata ad arte, a dispetto delle tante carenze e inefficienze che ho dovuto registrare sulla mia pelle in questi giorni. Ricordo la resistenza incontrata a farmi il tampone, il deficit di informazioni dell’Asl (la nota ufficiale della mia positività è giunta solo due giorni fa), ma anche la mancanza di indagini nei confronti dei miei colleghi». In che senso? Spiega paziente uno: «Sono stati i miei colleghi a chiudere lo studio giovedì e a recarsi venerdì mattina al Cotugno, mentre dovevano essere contattati da qualcuno delle istituzioni un secondo dopo aver appreso del mio contagio».
Stranezze e possibili anomalie, in un clima segnato da caccia all’untore, incubo contagio e processi sommari puntualmente finiti in rete.

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