Coronavirus, mascherine fai-da-te a Napoli: bolgia sul web, ecco il circo del virus

Coronavirus, mascherine fai-da-te a Napoli: bolgia sul web, ecco il circo del virus
di Antonio Menna
Giovedì 27 Febbraio 2020, 07:03
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Il primo tampone positivo in Campania, mio Dio. Ci siamo anche noi. Bisogna separare, prima dell’accesso al pronto soccorso, quelli da controllare per il Coronavirus e tutti gli altri. I sospetti a destra, i regolari a sinistra. Attenzione che vi misurano la febbre. Tu hai fatto un colpo di tosse? A controllo. Non si può mai sapere. Tende da campo come in guerra. Ma state tranquilli, non fatevi pigliare dal panico. Il presidente del Consiglio, Conte, col maglioncino blu, nel quartier generale della Protezione civile parla agli italiani su ogni canale. Sembra il presidente degli Stati Uniti nei film sull’attacco letale. Poi riunisce il governo lì, fa un decreto d’urgenza. Ma state tranquilli, non fatevi pigliare dal panico.

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DISDETTE E CHIUSURE
Il sindaco de Magistris chiude le scuole. E questa non è nemmeno più una notizia. Un giorno? Due giorni? Ma abbondiamo, siamo generosi. Fino a sabato. Perché? Attività straordinaria «di igienizzazione e sanificazione». Non si può mai sapere, facciamo una bella pulita. Scuole chiuse per quasi una settimana. «Alziamo sicurezza e diamo serenità», dice contento il sindaco. Certo, come no. Ma state tranquilli, è tutto a posto, non vi allarmate. Il sindaco di Camposano le scuole le tiene aperte, ma va misurata la febbre a tutti. Pulizie straordinarie per la metropolitana, i treni, la Cumana, la Vesuviana. Vengono rimosse cartacce che stavano lì dal tempo di Pietrarsa, della Napoli Portici. Una bella disinfettata aggiuntiva. 

PREVENZIONE E ALLARMI
I penalisti chiedono misure per il Palazzo di Giustizia al fine di prevenire l’eventuale diffusione del virus. Un uomo passeggia per il centro di Napoli con una maschera per andare sott’acqua. Sono finite le mascherine, sempre protegge, no? I consiglieri comunali chiedono di igienizzare gli uffici. «Non ho il coronavirus, non ho niente. Sempre Forza Napoli!», urla un cinese in tribuna allo stadio San Paolo, durante la partita col Barcellona, per tranquillizzare i tifosi. Prepariamo i tamponi. Compriamoli. Il presidente De Luca comunica che abbiamo anche un piano B e un piano C. Il Prefetto sta verificando la possibilità di utilizzo delle strutture militari. Mamma mia. Ma state tranquilli, non vi allarmate. C’è l’epidemia. Anzi, la pandemia. Il virus letale. The day after. La fine del mondo, senza nemmeno il fastidio di farlo finire davvero il mondo. Ma tutto a posto? Ma stiamo bene con la testa? Ma questo coronavirus porta anche qualche problema al cervello? Perché se è così, lo abbiamo preso già tutti. Se la repubblica popolare cinese si fosse inventato questo virus per fare un esperimento sociale sui Paesi occidentali, per capire quali sono attaccabili e quali no, l’Italia non avrebbe superato lo stress test. Nervi saldi pari a zero. La teutonica Germania osserva attonita la ressa. La raffinata Francia non si smuove. La Svizzera ferma il virus alla frontiera. Ma in Italia si assaltano i supermercati, zone rosse, zone gialle, polizia a presidiare, finiscono le confezioni di amuchina, ci si accaparra mascherine chirurgiche con scorte da rifugio antiatomico. Le autorità dicono di mantenere la calma ma sono le prime ad allarmarsi. Si istituiscono task force, tavoli di monitoraggio, per una emergenza che non c’è. “Agire senza panico”, dicono tutti. Ma intanto indossano l’elmetto e un po’ di paura la fanno venire. Il vero contagio è quello del terrore. Ogni ora il capo della Protezione civile fa il bollettino al Paese. Tutti parlano del coronavirus: e nell’attesa che compaia, ci ammaliamo della malattia peggiore, l’autodistruzione. Gli psicologi lo sanno: si chiama profezia che si autoavvera. A furia di dire che ti capiterà una cosa brutta, la cosa brutta ti capiterà. Danni economici, crollano le prenotazioni turistiche. Per Pasqua la risolviamo questa cosa? Chissà. E se la smettessimo di avere paura e cominciassimo un poco a ragionare? C’era una volta il cinese con la tosse, quando il Coronavirus sembrava un fatto lontano. Un audio registrato e poi fatto circolare sui social, diventando virale, avvertiva che “Gennaro a Forcella” affittava un cinese con la tosse per non fare la fila. Quindici euro per liberare il posto sull’autobus, cinquanta per svuotare il ristorante. Sembra un secolo fa. Si riusciva ancora a scherzare. Ieri girava sui social un video agghiacciante: un uomo in un supermercato insulta un cliente che ha tratti somatici asiatici. C’è un alterco. Poi sferra un pugno ai danni dello straniero, che urla: “non sono cinese, sono filippino, sono filippino”. Come siamo arrivati a questo punto? E se una emergenza venisse davvero? Se il Vesuvio decidesse di dirci qualcosa? Oggi sappiamo che il problema non si pone: ci autodistruggeremmo prima che la lava esca.

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