Orario d’arrivo 7.30, orario di uscita 14.50: sette ore e venti minuti di attesa ieri per ottenere un tampone. Laura racconta la sua giornata con un filo di voce. Lo farà a più riprese fino all’ultimo contatto nel pomeriggio: «Tornata a casa dopo tutte quelle ore sotto la pioggia ho scoperto di avere la febbre».
Laura è uno dei quasi seicento cittadini napoletani che ieri hanno ottenuto la possibilità di essere sottoposti al tampone al Frullone. La sua vicenda inizia qualche giorno fa quando scopre che il familiare di un suo collega di lavoro è positivo al Coronavirus: chiama il suo medico curante per chiedere cosa fare e il dottore le suggerisce di sottoporsi all’esame chiedendo un appuntamento per la sua assistita.
«Mi avevano detto di anticiparmi rispetto all’orario di inizio delle visite perché ci sarebbe stata un po’ di gente ma non immaginavo di trovarmi in quella bolgia infernale», Laura prova a dire, ma le parole spiegano con difficoltà: solo chi c’è stato può capire.
L’avvio delle procedure per i tamponi è previsto per le nove del mattino ma i primi si presentano verso le 5.30 per avere la certezza di fare presto. Chi arriva dopo le sette è già spacciato perché a quell’ora ci sono più di trecento persone in attesa. Prima ancora che vengano distribuiti i numeri per le procedure di accesso ci si auto organizza: tra le persone in coda girano fogli sui quali ciascuno scrive il suo nome e la “posizione” che ha conquistato, segnando un numero successivo a chi ha firmato prima. Succede spesso nelle code lunghe, solo che ieri è accaduto un disguido: i fogli di auto-prenotazione erano due, così quando la guardia giurata ha iniziato a distribuire i numeri s’è generato il caos “guardi che il 170 sono io”, “si sbaglia, il 170 sono certmente io...”, tensione, battibecchi, fortunatamente nessuna rissa.
«All’arrivo delle guardie giurate quella gigantesca massa di persone si muove all’unisono, tutti accalcati sotto al casotto per conquistare il numero. Ti senti stritolata in quella poltiglia di persone, se poi c’è anche la pioggia diventa tutto più difficile». Laura è affranta, spiega di essere andata fin lì per avere certezze sulla negatività al virus «però potrei essere stata contagiata proprio qui in attesa del tampone. Decine di persone mi hanno respirato addosso a dieci centimetri di distanza e anche se indossavano la mascherina, credetemi, il loro respiro lo sentivo ugualmente addosso».
«Io non avevo intenzione di accalcarmi vicina a centinaia di altre persone - spiega Laura - faccio del mio meglio nella vita quotidiana per evitare contatti che potrebbero avvicinarmi al virus, non potevo gettarmi in quel carnaio. Sono rimasta per le prime cinque ore in piedi sotto al mio ombrello con le scarpe e gli abiti completamente inzuppati». Per fortuna all’ora del pranzo s’è presentato al Frullone il fidanzato di Laura, le ha offerto conforto e un po’ di riscaldamento in automobile in attesa che arrivasse il turno dell’esame. È stato necessario attendere un altro paio d’ore poi finalmente alle 14.50 il numero 472, quello conquistato da Laura alle 7.30 del mattino è stato convocato. L’esame è durato pochi secondi, Laura è subito andata via, a casa, ad asciugarsi: «Mi sono presa la febbre - dirà con dispiacere nel primo pomeriggio - sentivo troppo freddo e ho pensato di misurarla. Fortunatamente non è alta, è a 37 e mezzo, ma il raffreddamento di oggi non m’interessa. Spero solo di non essere rimasta contagiata in mezzo a quella ressa».
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