Covid, Rocco Barocco: «Per 25 giorni in terapia intensiva ho visto la morte, sono cambiato»

Covid, Rocco Barocco: «Per 25 giorni in terapia intensiva ho visto la morte, sono cambiato»
di Melina Chiapparino
Domenica 13 Dicembre 2020, 11:42
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«È un'esperienza che ha cambiato radicalmente il mio modo di vivere». La voce di Rocco Barocco è decisa e ferma nonostante qualche pausa nel respiro ancora affaticato dal Covid. Dopo più di un mese di ricovero all'ospedale del Mare, e la riabilitazione nella casa di cura Maria Rosaria a Pompei, lo stilista napoletano racconta il calvario della malattia senza nascondere paure ed emozioni.

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Come si sente?
«Sono stato dimesso venerdì dalla clinica dove ho concluso la riabilitazione.

Mi sento bene anche se non ho ancora un tampone negativo ma, come dicono i medici, ormai la mia carica virale è esaurita. Tra qualche giorno mi sottoporrò nuovamente al test e, nel frattempo, continuo a fare molta attenzione. Vivo solo nella mia tenuta in campagna, fuori Napoli, mi chiudo in una stanza quando viene la cameriera a fare le pulizie. Per il resto, mi fa compagnia Ronnie, il mio cagnolino, non mi lascia mai solo».


Come ha affrontato il Covid?
«Tutto è cominciato con alcuni problemi respiratori: il medico mi aveva prescritto l'ossigeno ma, non migliorando, sono andato al Cotugno dove, dopo il tampone, ho scoperto di essere positivo. Non c'era posto per ricoverarmi così sono stato assistito all'ospedale del Mare: qualche giorno al pronto soccorso e 25 giorni in terapia intensiva assistito con l'ossigeno attraverso il casco. Successivamente sono passato al reparto di sub intensiva fino ad arrivare solo alla terapia farmacologica e poi proseguire in clinica la riabilitazione, principalmente respiratoria».


Ha capito dove si è contagiato?
«Non saprei con precisione, sono stato sempre molto attento. Vivo e lavoro a Milano ma, quando posso, vengo a Napoli. In ogni caso, da quando è scoppiato il Covid, uscivo di casa pochissimo: l'unico momento in cui potrei essermi contagiato potrebbe essere stato nel centro storico di Napoli dove abito. Nella zona dei baretti si ammassavano molte persone, quasi tutte senza mascherina: mi è capitato di camminare tra loro. Ma non posso sapere se sia andata effettivamente così».


Cosa ricorda di quei giorni?
«Se fossi rimasto ancora in ospedale, sarei andato fuori di testa: è stata un'esperienza molto forte. Sia chiaro: tutti i sanitari dell'ospedale del Mare e gli operatori della clinica dove sono stato ricoverato successivamente, sono stati professionali e molto gentili, ma l'esperienza del Covid ti fa perdere qualsiasi riferimento, ci sono momenti in cui ti sembra che la tua vita non conti più nulla. Ho saputo della morte di pazienti che erano in reparto con me, anche giovani. Nonostante questo, ogni giorno dicevo a me stesso di non abbattermi e continuare a combattere. Questa sofferenza mi ha arricchito: Rocco cambiato».


Che tipo di cambiamento?
«Ho visto la morte con gli occhi e la possibilità che ho avuto di avere ancora speranza e giorni da vivere, mi ha fatto riflettere. Rincorrere successo e danaro non è vivere, perché la vita significa godersela senza correre dietro a cose non sempre necessarie. Vado fiero di tutto ciò che ho realizzato, professionalmente e personalmente, ma il Covid mi ha spinto a una visione meno materialista delle cose. La vita vera non è complicata, possiamo goderne anche in maniera più semplice».


Che cosa desidera ora?
«Sono un uomo realizzato e adesso che sto bene non voglio altro se non che questo maledetto Covid venga sconfitto. Considero colpevoli di tentato omicidio tutti coloro che non rispettano le norme, o non indossano le mascherine, rischiando di diffondere il contagio. Ora vorrei solo trascorrere il Natale in intimità, con la mia famiglia più stretta, e invito tutti a non organizzare cenoni o feste».

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