Cotugno, muore in terapia intensiva: «Rubati fede, portafoglio e telefonino»

Cotugno, muore in terapia intensiva: «Rubati fede, portafoglio e telefonino»
di Maria Chiara Aulisio
Giovedì 22 Ottobre 2020, 12:00
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Si chiamava Nicola, 60 anni, è morto di Covid al Cotugno dopo solo qualche giorno di ricovero. È entrato in ospedale convinto di rimanerci giusto il tempo di un tampone, purtroppo non è andata così. Quando il personale sanitario ha avvisato la famiglia per lui non c'era già più niente da fare. Dolore, rabbia e disperazione. Poi la richiesta di riavere i suoi effetti personali: «Nicola non pensava che lo avrebbero ricoverato subito - racconta il cognato, Giuseppe Fucile - quella mattina tenne con sè la fede, il portafoglio, il portadocumenti con le carte di credito e naturalmente il suo cellulare». 

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Cominciamo dalla fine: quando la moglie di Nicola ha aperto la busta nella quale dovevano esserci gli oggetti del marito, non ce n'era più traccia. Andiamo con ordine. La storia comincia il 22 settembre, a Nicola sale la febbre, poco meno di 38 e un po' di mal di gola. Un paio di giorni di attesa sperando che fosse solo una influenza, poi la decisione di andare al Cotugno: «La febbre non scendeva e la tosse aumentava - racconta ancora il cognato - un tampone era necessario, non volevamo più aspettare. Da qui il trasporto in ospedale, la positività e il ricovero immediato». Nicola il 25 settembre viene trasferito in terapia intensiva e intubato, morirà l'8 ottobre senza neanche poter dire addio alla famiglia. «Il giorno dopo la sua morte ho telefonato in ospedale, volevo solo sapere quando sarebbe stato possibile andare a prendere i suoi effetti personali.

Mia sorella non aveva neanche la forza di uscire, chiese a me di occuparmene». Una operazione che si rivelerà subito piuttosto complessa: «Provo a contattare la direzione sanitaria - aggiunge - ma ai due numeri trovati sul sito non rispondeva mai nessuno. Credo di averci provato decine di volte». Sperando di avere maggiore fortuna Giuseppe Fucile manda una prima mail sempre in direzione sanitaria, poi anche una seconda e infine pure una Pec nella quale indica con precisione gli oggetti che il cognato aveva con sé al momento del ricovero, e che si vorrebbero riavere. «Finalmente martedì scorso, 13 ottobre, ricevo la telefonata di una donna che - senza qualificarsi benché glielo avessi chiesto più volte - mi comunica che potevamo andare a ritirare gli oggetti di mio cognato». Peccato che in quella busta consegnata nelle mani della moglie mancavano fede, portafogli, cellulare e pure il caricabatteria. Oltre a due pigiami nuovi. 

 

Ma c'è dell'altro, e il cognato di Nicola lo scrive in una lettera inviata al consigliere regionale Francesco Borrelli per raccontargli l'accaduto: «Quando mia sorella ha ricevuto quella busta le è stato detto di non aprirla assolutamente, poteva essere infetta. Il consiglio fu di lasciarla all'aria aperta almeno per 24 ore. A questo punto - aggiunge sempre il cognato della vittima - devo immaginare che l'abbiano detto per farle perdere altro tempo con l'obiettivo di evitare che si accorgesse del furto in ospedale, meglio invece scoprirlo a casa sua, il giorno dopo, quando ogni contestazione sarebbe stata certamente più complicata». Immediata la denuncia ai carabinieri di zona che hanno già aperto un fascicolo su questa brutta storia: «Quello che è accaduto all'ospedale Cotugno, se dovesse essere confermato, è una vicenda disgustosa», è il commento di Francesco Borrelli. «Rubare è già di per sé un atto criminale, farlo poi ai danni di un uomo che non c'è più è vergognoso. Siamo di fronte a degli sciacalli senza scrupoli e senza dignità che non si fermano neanche davanti a un uomo morto di Covid e allo strazio di una famiglia devastata dal dolore». Il consigliere regionale si è già rivolto alla direzione sanitaria dell'ospedale per chiedere spiegazioni e, soprattutto, che venga fatta piena luce su questa squallida storia. «Vogliamo assolutamente capire come sia stato possibile un furto del genere in una struttura sanitaria, abbiamo chiesto che venga avviata una indagine interna per scoprire le responsabilità. Bisogna trovare, e punire, i colpevoli».

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