Covid a Napoli, due anni fa il primo caso: ecco com'è cambiata la città

Covid a Napoli, due anni fa il primo caso: ecco com'è cambiata la città
di Paolo Barbuto
Domenica 27 Febbraio 2022, 09:00 - Ultimo agg. 28 Febbraio, 07:11
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Due anni esatti dal primo caso di Covid-19 a Napoli, sembra un'eternità: la paura, il lockdown, le canzoni dai balconi e gli striscioni andrà tutto bene. Invece qui a Napoli, come nel resto del Mondo, niente è andato bene: lo testimoniano i numeri della crisi del commercio, le sedie vuote nei cinema, gli sguardi attoniti dei bambini dietro i banchi con la mascherina. 

A Napoli, secondo Confesercenti sono 15mila le aziende che non hanno resistito all'impatto della pandemia, dalle grandi marche alle minuscole insegne di vicinato. Il dato che appare più drammatico, sebbene il numero possa apparire infinitesimale rispetto alla totalità, è quello dei piccolissimi negozi di generi alimentari: sono in tutto 247 i salumieri di Napoli che hanno abbassato per sempre le saracinesche (in Campania 531 in totale). Sono in genere aziendine familiari, sono le persone che stanno sotto casa, delle quali conosciamo il nome di battesimo e che conoscono i nostri gusti, sono quelli che, di fronte alle restrizioni e alle nuove modalità d'acquisto scoperte con la pandemia, si sono dovute arrendere per prime. 

Al Vomero il cinema Arcobaleno oggi è diventato uno shop gestito da cinesi, pieno di cianfrusaglie, è il simbolo dell'altra faccia della crisi, quella di teatri e cinema sempre più vuoti nonostante l'allentamento delle restrizioni.

Su questo fronte non esistono numeri sulle presenze ma bastano quelli sugli incassi: nel 2021 c'è stato un decremento del 71% degli introiti da vendita di biglietti, una situazione praticamente insostenibile. In compenso sono aumentate le iscrizioni alle piattaforme di streaming con introiti cresciuti fino al 206% rispetto ai giorni senza virus.

I teatri hanno un problema analogo, forse anche più accentuato se è vero che le poltrone occupate (di quelle disponibili con le restrizioni) sono state una su due mentre gli incassi sono scivolati al -75% rispetto ai tempi prepandemici. Sul fronte delle discoteche è impossibile trovare dati. In due anni i giorni di apertura sono stati talmente pochi da non permettere un raffronto puntuale con il passato in cui non esisteva il Covid-19. 

Computer e telecamere, dopo aver fatto un prepotente e fastidioso ingresso nelle case a inizio pandemia, adesso sono diventati compagni di lavoro e di studio inseparabili. A Napoli prima della pandemia il 40% delle persone sosteneva di non poter lavorare se non alla scrivania dell'ufficio, oggi quasi il 70% si augura di riuscire a continuare a lavorare da remoto anche quando la crisi sanitaria sarà lontana. Diverso il discorso per la didattica a distanza che continua ad essere una croce per gli studenti.

La tecnologia ha generato anche nuovi modi di affrontare la vita. Dal 2020 ad oggi le richieste di avere cibo a casa sono cresciute, a Napoli, fino al 60%. Anche fare la spesa è diventata un'abitudine telematica, così si sono aperti nuovi scenari e nuovi posti di lavoro per i riders. Durante il lockdown le assunzioni per questo settore erano cresciute del 110% in città rispetto ai tempi prepandemici, oggi il numero s'è assestato sul +55% in confronto ai giorni senza virus: forse si tratta di un lavoro difficoltoso e con poche prospettive ma resta pur sempre un lavoro, che di questi tempi è determinante. 

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Alle prese con le iniziali restrizioni, gli imprenditori della ristorazione dopo un primo periodo di difficoltà hanno saputo reagire. Una parte del rinvigorimento della categoria è legata anche alla possibilità offerta a bar e ristoranti di occupare porzioni di suolo pubblico all'esterno dei locali, in forma gratuita, per ospitare clienti all'aperto senza dover sottostare alle rigide regole dell'accoglienza al chiuso. La deregulation dei gazebo ha trasformato la città in un insopportabile caos di gazebo e tavolini accettati di buon grado per garantire la sussistenza dei locali e i posti di lavoro degli addetti. Tra un mese, però, la garanzia del tavolino libero e gratuito sul suolo pubblico terminerà, in quel momento si aprirà, probabilmente, una nuova battaglia che per adesso è solo annunciata sottovoce.

Nel caos delle restrizioni, e delle paure, del Covid hanno ben resistito i mercati rionali all'aperto che, eccezion fatta per i giorni del lockdown, sono sempre stati aperti e piuttosto affollati. Cambiate anche le abitudini di svago dei napoletani che oggi frequentano con maggiore assiduità i parchi pubblici, dal bosco di Capodimonte al Virgiliano alla villa Comunale a tutte le altre piccole e malmesse aree verdi rionali. 

Novità anche sul fronte immobiliare. Il mercato è in movimento con una crescita di richieste del 40%. Il motivo l'ha spiegato bene che un agente del settore con agenzia al Vomero: «Oggi la richiesta di acquistare casa è legata alla vendita di quella in cui si abita. È successo che le restrizioni hanno costretto le persone negli appartamenti che, oggi, vengono percepiti come gabbie. Tutti cercano case con balconate ampie e, magari, con un pezzetto di giardino perché si sono resi conto, solo restando a lungo nelle loro abitazioni, che mancavano possibilità di sfogo». 

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