Covid a Napoli, il medico di famiglia: «Non faccio più tamponi a chi non vuole il vaccino»

Covid a Napoli, il medico di famiglia: «Non faccio più tamponi a chi non vuole il vaccino»
di Ettore Mautone
Martedì 16 Novembre 2021, 11:00
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«Il ministro della Salute Roberto Speranza in Tv ha sottolineato il carattere universalistico del nostro Servizio sanitario nazionale, come principio cardine per curare gratuitamente anche chi non si vaccina. Condivido in pieno il suo pensiero, come medico sono ispirata da un dovere deontologico in tal senso. Tuttavia come medico di famiglia ho maturato anche alcune decisioni che riguardano i no vax: non ho effettuato e non effettuerò tamponi gratuiti per conseguire il green pass a chi ha ritenuto di non vaccinarsi ma riservo questi test rilevanti e insostituibili per il tracciamento dei positivi e la diagnosi differenziale». Così Pina Tommasielli, medico di famiglia, componente dell'unità di crisi regionale, in prima linea nella lotta al Covid sin dalla prima ondata.

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Niente tamponi ai no vax dunque?
«Non per gli scopi che da questi sono perseguiti.

Come medico sono tenuta ad operare in scienza e coscienza. Il rapporto col paziente si caratterizza sul piano della scelta e della fiducia, non dell'utilitarismo».

Cosa intende?
«Se un paziente va da un chirurgo e gli espone i suoi problemi di salute e il medico gli illustra il rimedio ma il paziente accetta solo alcune sue prestazioni per finalità utilitaristiche chiarendo che non crede a nulla di quello che il medico gli ha detto il chirurgo fai un passo indietro per la totale sfiducia espressa nelle sue capacità e conoscenze. Allo stesso modo io ritengo di fare il medico, non il burocrate. Ne ho visti tanti di pazienti morire a causa del virus anche tra amici e parenti. E in alcuni casi non ho potuto far nulla. Col vaccino si sarebbero salvati».

E allora?
«Allora se il paziente non crede a nulla di quello che gli dico ma pretende da me una prestazione di tipo tecnico non basata su urgenza o necessità ma solo utilitaristica, finalizzata ad aggirare la vaccinazione, io ritengo che venga meno il rapporto fiduciario. E dunque non effetto quel tampone per quella finalità. Può farlo a pagamento in farmacia».

Da lei vengono molti no vax?
«Se ne vedono parecchi in giro e qualcuno anche nel mio studio. Sono impermeabili a qualunque discorso e informazione. Vengono quasi sempre solo con lo scopo di ottenere un tampone gratuito o un certificato per le loro necessità anche quando non ne hanno titolo. Sono un medico vaccinatore insieme ad altri 200 a Napoli su 500 colleghi. Così come ci sono colleghi che non vaccinano io non tampono se non clinicamente necessario. Faccio i tamponi invece, per due indicazioni precise: il contact tracing nell'ambito di un focolaio e la diagnosi differenziale tra covid e altre virosi respiratorie».

Chi sono i no vax, che volto hanno?
«In genere hanno una personalità oppositiva anche rispetto ad altre proposte di cura, non si fidano, cercano di fare i furbi e fanno pressione su di me come su altri colleghi per essere esonerati dal vaccino invocando farneticanti allergie, idiosincrasie e altre condizioni che dovrebbero esonerarli dal vaccinarsi. Ma è inutile dire che nessuna delle condizioni esposte sono da ostacolo per la immunoprofilassi vaccinale. La vaccinazione è il più antico ed efficace strumento di salute pubblica».

E se un suo paziente non vaccinato per libera scelta poi si ammala di Covid?
«Lo curerei fino a mettere a repentaglio la mia stessa vita ma poi lo ricuserei come mio assistito per il venir meno del rapporto di fiducia che è alla base della scelta del medico di famiglia. Anzi direi che è il paziente stesso a ricusare me non fidandosi di quello che gli dico».

Cosa suggerisce?
«Rafforzare la comunicazione tra medici di medicina generale e i team covid per decongestionare gli ospedali anche in considerazione delle maggiori opportunità di cura con i monoclonali e gli antivirali in arrivo da somministrare in pillole entro 96 dalla diagnosi. La minore gravità delle conseguenze epidemiologiche sono il riflesso dei vaccini. Il medico di famiglia deve tornare regista delle cure distrettuali e domiciliari. Se non ora quando»?

Un'ultima domanda: e l'influenza?
«Dobbiamo temere anche quella. Io ai miei pazienti, sulla scorta delle linee guida ministeriali, faccio anche le due punture contemporaneamente. l'Anti Covid e l'antinfluenzale. Altrimenti a distanza di 14 giorni. E dico di più servono anche la anti pneumococcica e le anti meningiti».

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