Covid a Napoli, mamme no vax in barella: «Sos, reparto allo stremo»

Covid a Napoli, mamme no vax in barella: «Sos, reparto allo stremo»
di Maria Chiara Aulisio
Lunedì 10 Gennaio 2022, 09:00 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 08:19
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Quarantatrè donne ricoverate a fronte di 36 posti letto disponibili. Solo nella notte tra l'8 e il 9 gennaio il Pronto soccorso ha registrato quaranta accessi: un numero esorbitante che sta mettendo a dura prova l'intera organizzazione sanitaria. Il reparto Covid di Ostetricia e ginecologia del Policlinico Federico II - diretto dal professor Giuseppe Bifulco - è praticamente al collasso, così come quello di Terapia intensiva neonatale guidato dal professore Francesco Raimondi: 83 bambini ricoverati - tra nido e Intensiva - contro le cinquanta culle che la struttura potrebbe accogliere.

Turni massacranti, medici e infermieri sotto stress, ricoveri e parti 24 ore su 24, accessi continui e nessuna possibilità di gestire l'emergenza. Giuseppe Bifulco alza le mani: «Se andiamo avanti così non so quanto tempo riusciremo ancora a resistere.

Ce la stiamo mettendo tutta, siamo ben abituati alle emergenze, ma posso assicurarvi che il limite è vicino». Arrivano da tutta la Campania, in gran parte positive al Covid e in alcuni casi in condizioni anche piuttosto gravi: «Qualche giorno fa - racconta il primario - hanno accompagnato qui perfino una donna che aveva partorito in casa. È arrivata con il bambino in braccio, l'abbiamo ricoverata, aveva assolutamente bisogno di cure». Impossibile accoglierle tutte, dunque, ma è anche impossibile rimandarle a casa: «Non riusciamo a fermare l'affluenza in alcun modo. C'è un via vai di auto continuo, e questo è il nodo. Non basta avvisare il 118 che qui posti non ce ne sono più, le pazienti arrivano in autonomia». Caserta, Salerno, Avellino: in questo momento sono dieci le partorienti giunte da altre zone: «Non solo - aggiunge Bifulco - accogliamo donne anche da tutte le Asl napoletane. Basta un dato per farvi capire di che cosa parliamo: mediamente - nelle 24 ore - la clinica ostetrica registra otto parti Covid e sei non Covid. Dall'inizio dell'anno sono raddoppiati. Turni prima coperti da tre colleghi ora ne richiedono almeno sei. Lo stiamo facendo, andiamo avanti, ma non posso dirvi fino a quando». 

Una la soluzione: attivare nuovi hub ostetrici, rendere subito operativi altri pronto soccorso per accogliere le donne in gravidanza affette da Covid 19. In mancanza di alternative è chiaro che il Policlinico resterà l'unico presidio sanitario disponibile 24 ore su 24. Il professore Bifulco stringe i denti e resiste, ma avanza una richiesta, più che legittima: «Abbiamo bisogno di personale. Siamo allo stremo: è come se stessimo gestendo due reparti con l'organizzazione, e le forze, di uno solo. Aspettiamo rinforzi il più presto possibile in attesa di poter contare sull'apertura di nuovi hub». Senza contare che il reparto di Ostetricia e ginecologia - giorno dopo giorno - si sta riempendo di barelle: «I posti letto sono 36, al momento le pazienti ricoverate 43. La matematica non è un'opinione. Dove dovrei metterle? Non vedo alternative alle lettighe». Il punto è che ben presto non basteranno più nemmeno quelle. «E allora non so davvero come faremo - conclude il professore - Le gravide positive vanno comunque isolate, altrimenti rischiamo di infettare pure quelle sane: per loro abbiamo un percorso dedicato dal quale non possiamo prescindere». Bifulco - e la sua equipe - confida nel supporto del San Giovanni Bosco che torna Covid Hospital come un anno fa. L'offerta assistenziale - a partire dal 13 gennaio - dovrebbe prevedere, tra l'altro, dodici posti in Ostetricia e ginecologia e sei culle nel nido. 

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L'allarme desta l'attenzione del sindacato. Gabriele Peperoni, vicepresidente nazionale del Sumai, non nasconde la sua preoccupazione: «Lavorare in queste condizioni significa mettere a rischio la vita dei pazienti ed esporre i medici al pericolo di commettere errori che potrebbero essere evitati. Il Policlinico non può più reggere in queste condizioni. È essenziale che la rete dell'emergenza Covid per le donne gravide, e per i neonati, distribuisca il carico di lavoro anche su altre strutture». Tra le richieste che il sindacato degli specialisti ambulatoriali avanza per cercare di arginare il problema, c'è anche un appello al Governo affinché renda obbligatorio il vaccino per le donne che hanno superato il terzo mese. «Non agire adesso - conclude Gabriele Peperoni - sarebbe un grave errore: in questo contesto il rischio morte è drammaticamente aumentato».

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