Covid, cresce l'allarme variante indiana: a Napoli due casi sospetti sotto esame

Covid, cresce l'allarme variante indiana: a Napoli due casi sospetti sotto esame
di Ettore Mautone
Martedì 27 Aprile 2021, 23:01 - Ultimo agg. 28 Aprile, 18:39
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Nome in codice B.1.617: caccia alla variante indiana del Coronavirus. È atteso per oggi il responso dei controlli incrociati effettuati da Cotugno, Tigem, coordinato da Andrea Ballabio, e Istituto zooprofilattico di Portici, diretto da Antonio Limone, su due casi sospetti del nuovo ceppo. Tamponi positivi già sequenziati nelle settimane scorse dal laboratorio Ames, convenzionato con la Asl Napoli 1, su campioni biologici raccolti in altrettanti cittadini over settanta non direttamente collegabili, tuttavia, con contatti o viaggi all’estero. A chiedere le verifiche è stato l’Istituto Superiore di Sanità dopo la schedatura dei due casi apparsa sulla piattaforma internazionale Gisaid. L’organo tecnico del Ministero della Salute ha infatti appurato che il sequenziamento era parziale, di bassa qualità e soprattutto privo delle due mutazioni chiave sulla proteina Spike (E-484-Q e L-425-R), le impronte digitali dl questo nuovo ceppo microbico che sta mettendo in ginocchio l’India. Paese finora risparmiato dalla furia del virus e che ora invece deve fare i conti con oltre 300 mila casi al giorno e migliaia di morti. Le analisi e i controlli sulle due sequenze genomiche virali, condotte sui due casi sospetti, sono state rese possibili grazie al recupero degli originari tamponi e sono ormai concluse. 


In conseguenza dell’alert scattato a livello internazionale - e che in Italia si è tradotto in un’ordinanza ministeriale che vieta l’ingresso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia soggiornato in India - sono in fase di avvio minuziose operazioni di sorveglianza sanitaria da parte dei tre laboratori napoletani nell’ambito del progetto Gencovid finanziato dalla Regione. L’obiettivo è effettuare tamponi e sequenziamenti serrati all’Aeroporto di Capodichino e nella comunità indiana presente a Napoli e nelle province di Caserta e Salerno. Ieri la questione è stata affrontata anche in Unità di crisi. Il compito non è facile visto che si tratta di gruppi abbastanza chiusi. Intanto tutte le persone provenienti dall’India, giunte a Napoli o nelle altre province per lavoro o soggiorno, devono comunicare i propri dati e la propria residenza alla Asl competente. A preoccupare l’Unità di crisi è il rilievo, in provincia di Latina, di numerosi casi positivi nell’ambito della locale comunità indiana.

La paura delle conseguenti limitazioni e quarantene potrebbe aver spinto decine di membri di quella comunità, soprattutto se non in regola con i permessi di soggiorno, a varcare il confine regionale per riversarsi nella provincia di Napoli, Caserta, sul litorale di Castelvolturno e nel Salernitano dopo è più facile trovare lavoro nei campi e nell’assistenza agli anziani. Circostanza che è in fase di attenta valutazione da parte della Regione. La versione indiana del virus è molto temuta in quanto potrebbe essere in parte capace di “bucare” la protezione immunitaria dei vaccini anche se su questo aspetto non c’è alcuna evidenza. Il virus è già stato identificato negli Usa, e in Europa in Svizzera mentre in Italia in un caso a Firenze e in un paio nel Veneto.

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Che il virus sia un mutante capace di ricombinare a piacimento le sequenze delle 30mila basi di cui è composto il suo materiale genetico (Rna a singolo filamento) non è una novità. Ciò gli conferisce una formidabile capacità di adattamento. È quanto ad esempio accaduto con la variante inglese che ha quasi monopolizzato le attuali infezioni a Napoli emergendo in circa il 92 per cento dei tamponi positivi. Si sta però facendo strada anche la versione brasiliana del virus, passata dall’1 per cento a circa il 4-5 per cento dei casi testati in poche settimane. Il resto delle percentuali sono versioni della nigeriana e sud africana, ceppi europei e anche alcuni campioni sconosciuti che non hanno ancora dignità di ceppo autonomo. La sorveglianza con i sequenziamenti è costante e avviene sotto la regia dell’Istituto superiore di sanità che richiede ogni settimana almeno 384 sequenze virali ma il gruppo dei laboratori napoletani va ben oltre oscillando tra gli 800 e i 1200 rilievi con un lavoro mirato all’interno dei principali cluster in questo caso rappresentati dalla comunità indiana.
 

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