Covid, un anno fa il rientro di Ivanna
e in Campania sbarcò il virus

Covid, un anno fa il rientro di Ivanna e in Campania sbarcò il virus
di Gigi Di Fiore
Lunedì 22 Febbraio 2021, 23:41 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 10:36
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Quel mercoledì 26 febbraio di un anno fa, il Covid sembrava ancora un mostro lontano. Una minaccia limitata al nord Italia. Due giorni prima, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, aveva firmato la prima delle sue 104 ordinanze disposte in un anno. Raccomandava vigilanza a Asl e Comuni su chi veniva da regioni a rischio. Tutto restava però sfumato e lontano. Poi la notizia. 

La conferma arriva dall’ospedale San Luca di Vallo della Lucania: una 26enne ucraina, da anni con la famiglia in Italia, è positiva al test sul Covid. Ivanna era tornata, come faceva almeno due volte all’anno, a trovare i genitori, il fratellino e la sorella, da tempo residenti nella frazione Abatemarco di Montano Antilia. Un paese del Cilento, con poco meno di duemila abitanti, in alto al confine con Centola, Rofrano e San Mauro la Bruca. Basso Cilento, che si risveglia con il virus in casa. «Ricordo bene quel giorno - racconta il sindaco Luciano Trivelli, che è anche medico - Mi chiamarono i colleghi dell’ospedale per avvisarmi. Disposi subito l’isolamento della famiglia e poi arrivarono i provvedimenti di chiusura delle due scuole. La sorellina della ragazza frequentava la scuola media. Piombammo all’improvviso nel terrore». 

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Ivanna, laureata in biologia, riservata e schiva alle interviste che ha sempre rifiutato, si era trasferita in provincia di Cremona. Lavorava, e lavora ancora, come microbiologa all’ospedale locale. Era tornata il 15 febbraio dalla Lombardia per restare pochi giorni nel paese dove vive la famiglia. In treno, come era solita fare da Cremona a Salerno, dove i familiari erano andati a prenderla in auto. Quale giorno prima di scoprire il contagio, era stata a mangiare con il fidanzato una pizza nel vicino paese di Ceraso. Il giorno prima, invece, è in piazza a Montano Antinia per la festa di Carnevale. Poi la febbre, i sintomi che consigliano la visita all’ospedale di Vallo dove l’accompagnano i genitori.

Vi resta poche ore, poi subito il trasferimento al Cotugno di Napoli. È il primo caso ufficiale di contagio da Covid in Campania. Il giorno dopo, se ne conosceranno altri due: un avvocato a Napoli reduce da una trasferta di lavoro in Lombardia e una ventiquattrenne casertana tornata in auto da Milano con il fidanzato e un’amica. Tutti d’importazione dal nord Italia. 

 

Il giorno del risveglio dall’illusione, il presidente De Luca firma l’ordinanza numero tre. È indirizzata ai comuni di Montano Antilia e Ceraso. Sospende tutte le manifestazioni pubbliche e private, chiude le scuole, dispone la quarantena a chiunque abbia avuto contatti con persone contagiate, limita l’apertura dei negozi «agli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità». Vanno in isolamento i genitori, il fidanzato, i fratelli, i 4 medici dell’ospedale di Vallo e il medico di base che hanno visitato Ivanna, i gestori del ristorante di Ceraso. Risulteranno tutti negativi al tampone. 

È di fatto il primo vero lockdown in Campania. Dice il sindaco Trivelli: «La Regione confermò e dispose con i suoi poteri quello che avevamo stabilito al Comune. Si scatenò però subito, verso Ivanna e la sua famiglia, una diffidenza inspiegabile. Sono persone discrete, lavoratori. Qualcuno insinuò che la ragazza fosse tornata sapendo già di essere contagiata. Non era vero, ma in quelle ore si disse di tutto per scaricare la colpa su qualcuno della paura scattata». 

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Tuona il presidente De Luca contro chi porta il virus dalle zone rosse alla Campania. Inaugura la sua politica del rigore. Sono le avvisaglie di una lotta difficile contro un nemico invisibile e inesorabile, che non ha barriere se non quelle della prudenza individuale. Poco dopo l’ordinanza tre, De Luca ne firma un’altra. Chiude tutte le scuole della Campania e sospende le attività universitarie fino al primo marzo. È emergenza anche in Campania. Cominciano i veri allerta di Protezione civile, Prefetture, Asl. Il virus è sceso al sud, i numeri dei contagi aumenteranno tra marzo e aprile, quando verranno disposte altre zone rosse ad Ariano Irpino, Sala Consilina, Caggiano, Polla, Atena Lucana. Tutte due settimane dopo il primo caso di Covid scoperto nel Cilento. È un effetto a catena, tra paura, diffidenze, disorientamento. Per la prima volta, dopo la scoperta del contagio a Montano Antilia e Caserta, è a rischio una partita del Napoli: quella contro il Torino all’ancora stadio San Paolo. È la prima volta che si parla di incontro a porte chiuse. Ma poi non se ne fa nulla: domenica 29 febbraio si gioca ancora con il pubblico allo stadio e il Napoli vince 2 a 1. Ma si capisce che nessuno può sentirsi escluso dall’incubo. 

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Un colpo di tosse, un raffreddore, la febbre diventano spie da diffidenza. A Battipaglia, mamma e figlia vengono portate all’ospedale. Falso allarme, solo una semplice influenza. In due giorni, al Cotugno si eseguono 70 tamponi, in 23 casi sono persone che hanno avuto contatti con i primi tre contagiati in Campania. Sono ancora i giorni dei test da confermare al Cotugno e all’ospedale Spallanzani di Roma. Tempi più lunghi, ma nel primo allarme il numero di tamponi è ancora risibile.

Ivanna resta al Cotugno per una decina di giorni, poi diventa negativa. Un caso non grave. Tanto che il 23 marzo di un anno fa torna al lavoro a Cremona, nei laboratori dell’ospedale. Racconta il sindaco Trivelli: «Un anno dopo lottiamo ancora contro questo terribile virus. Siamo fieri e orgogliosi di come abbiamo fronteggiato il primo caso. Ivanna da allora è tornata solo una volta. Dal 2020, la nostra comunità ha avuto in totale nove casi e, purtroppo, anche due morti». Decessi da tremenda statistica: un ospite di una Rsa e un contagiato dopo la visita ad un amico in ospedale. E un anno dopo, il ricordo del primo caso campano di Covid fa ancora i conti con l’incubo contagi.

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