Covid Center a Boscotrecase, senza nuovo personale a rischio l'utilizzo di altri 30 posti letto

Covid Center a Boscotrecase, senza nuovo personale a rischio l'utilizzo di altri 30 posti letto
di Francesca Mari
Martedì 10 Novembre 2020, 09:00
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C'è silenzio al Covid Hospital di Boscotrecase. Nella notte tra domenica e lunedì è morta in rianimazione una donna di Ercolano di 66 anni; è il quarto decesso in meno di una settimana. Non c'è la fila di ambulanze all'esterno nè il suono di sirene spiegate come a Napoli e a Castellammare perché qui i ricoveri sono programmati, ma l'ospedale è saturo, con 82 pazienti di cui 8 in terapia intensiva. E non può ricoverare nuovi pazienti se prima non ne dimette. Ma se i posti letto fisicamente non mancano - si lavora nell'area «grezza» per sistemarne altri 30 e in terapia intensiva ce ne sono 4 vuoti - ciò che manca è il personale. Con la mazzata del focolaio tra gli operatori sanitari - attualmente i positivi sono 40 di cui 34 tra infermieri e Oss e 6 medici (uno di loro, A.C. di 50 anni, è intubato in ospedale) - la situazione è insostenibile. Qualche rinforzo è arrivato: quattro medici internisti (due da Gragnano e due da Vico Equense), 15 infermieri interinali e 15 medici neo-laureati destinati alle Usca. Ma non bastano. A breve saranno attivati altri sei posti per la subintensiva cardiovascolare, coordinata dal caposala Giovanni Savino, ma i 30 da attivare nell'area grezza restano in stand by. Nonostante le richieste della direzione generale e strategica e i bandi di concorso - che sono stati disertati - medici e infermieri non arrivano. Mancano anestesisti, pneumologi, internisti e operatori di reparto. 

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«È inutile triplicare i posti letto - dice Savio Marziani, direttore strategico del Covid Hospital - perdiamo tempo e risorse dietro ad azioni che non saranno compensate da forza lavoro.

Il nostro ospedale è un'eccellenza ed è il primo in cui sono state attivate tutte le specialistiche per pazienti Covid, dall'emodinamica alla chirurgia vascolare fino all'emodialisi. Ma se non ci mandano aiuti in termini di personale, non reggiamo». Marziani fa poi riferimento alla situazione di stress in cui il personale lavora vista l'emergenza. «Da otto mesi gli operatori lavorano no stop in condizioni psichiche precarie. Vivono nell'incubo del contagio per loro e le famiglie, devono cercare posti per isolarsi a casa e non portare il virus. La gente ci chiama eroi, ma ci saluta da lontano. Ci vede come untori. Qui si lavora tanto senza lamentarsi ma c'è bisogno di rinforzi». La direzione strategica batte più che mai sulla necessità di curare i pazienti a casa per evitare di affollare gli ospedali. «È necessario attivare la linea territoriale - aggiunge il vice direttore Adriano De Simone - con l'intervento dei medici di base e le guardie mediche. Molti asintomatici non sono curati, così possono peggiorare e necessitare di ospedalizzazione. Chi può deve essere curato a casa. Purtroppo l'età media dei decessi si è abbassata e abbiamo avuto diversi casi di deceduti senza patologie pregresse». 

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Anche in vista della riunione con i sindacati di giovedì prossimo, nell'ospedale si stanno potenziando le misure di sicurezza per arginare i contagi. Sebbene ci sia una indagine interna in corso, non si conosce la matrice del focolaio tra gli operatori. «Il 16 novembre - dice il caposala Savino - dovrebbero arrivare sei tecnici di laboratorio per processare i tamponi all'interno del nosocomio, così da non aspettare giorni per i risultati ed evitare che i contagiati restino in corsia a infettare, inconsapevolmente, gli altri». 

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