Covid, clan di camorra più ricchi: «Quasi raddoppiati gli affari sospetti»

Covid, clan di camorra più ricchi: «Quasi raddoppiati gli affari sospetti»
di Daniela De Crescenzo
Venerdì 7 Gennaio 2022, 09:00 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 08:12
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«Se non si alza il livello di attenzione i soldi del Pnrr finiranno, almeno in parte, nelle tasche delle mafie. E la Campania, vista la forte presenza criminale, è uno dei territori che corre i maggiori rischi»: l'allarme arriva da Paolo Lattanzio, presidente del XX Comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l'emergenza sanitaria, membro della Commissione Bicamerale d'inchiesta sulle attività mafiose. Lattanzio, però, non si limita a lanciare un sos, ma documenta la sua tesi nel libro La pandemia mafiosa. Strategie per un'antimafia di prossimità con introduzione di Paolo Siani, in cui riporta dati e confronta curve e tendenze. I numeri sono chiari: i criminali si stanno già muovendo e noi, i buoni, siamo forse già in ritardo. «Per evitare che i fondi finiscano alle mafie nel Pnrr sono state introdotte norme di salvaguardia, ma restano due elementi critici: la grande mole di denaro da investire e la fretta che ci induce a semplificare troppo spesso le procedure. Ma non è tutto: mentre noi lavoravamo a scrivere il piano la criminalità organizzata ha già infiltrato le imprese legali e oggi i rischi sono molto più alti», spiega il deputato. 

Molte ditte, dunque, sono già finite nelle mani dei criminali che le hanno prelevate o ne sono diventati soci tramite prestanomi. Il Cerved (l'Agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie e registrata quale agenzia di rating europea) ha identificato circa 10mila aziende su oltre 700mila società di capitale italiane, che hanno cambiato il titolare effettivo (l'1,3% del totale) nel periodo che va dallo scoppio della pandemia (marzo 2020) a ottobre 2020.

Un movimento anomalo che ha inciso maggiormente in Campania, in Lazio e in Sicilia, mentre i settori più interessati sono l'autonoleggio, la distribuzione carburanti e i giochi e le scommesse. E, del resto, la situazione era già critica, come dimostra il contemporaneo incremento delle interdittive antimafia (i provvedimenti con i quali le prefetture bloccano la concessione di appalti pubblici alle imprese sospette): in Campania nella prima fase della pandemia ce ne sono state l'88 per cento in più. Lo ha evidenziato la relazione del comitato di studio presieduta da Lattanzio e riportata integralmente nel volume: «Le interdittive, hanno avuto, negli ultimi anni, un costante trend in ascesa che si sta confermando anche in questo arco temporale - si sottolinea - Le stesse, infatti, nel primo semestre del 2019 sono state 279, nel secondo dello stesso anno 346, mentre da gennaio a giugno del 2020 hanno raggiunto le 384. Nei primi nove mesi dell'anno citato, si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Gli aumenti maggiori si registrano in Emilia-Romagna con più 89 per cento e Campania con più 88 per cento». 

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Altro campanello di allarme, ricorda l'onorevole Pd, arriva dalla Dia che ha evidenziato un incremento delle operazioni sospette ai fini dell'antiriciclaggio. E anche in questo caso la Campania è una delle regioni che ha avuto una crescita maggiore. Scrive Lattanzio: «L'analisi delle segnalazioni di operazioni sospette (Sos) effettuate, che ci restituiscono un aumento nel primo semestre 2020, rispetto alla stessa fase del 2019, è particolarmente indicativo. Il lungo blocco delle attività commerciali e produttive determinato dall'emergenza Covid, se da un lato ha colpito in maniera durissima famiglie e imprenditori onesti, non sembra aver minimamente intaccato le attività criminali e degli imprenditori mafiosi, che anzi stanno sfruttando a proprio beneficio questa macabra opportunità». E infatti la Direzione investigativa antimafia ha segnalato nella propria relazione: «Come già rilevato in passato, il numero maggiore di operazioni sospette non avviene nei territori di origine delle organizzazioni mafiose ma in quelli di proiezione. In particolare nei contesti dove l'economia si presenta più florida. Non a caso la Lombardia si colloca in testa per numero di operazioni sospette mentre, tra le prime regioni, figurano - oltre alla Campania anche la Toscana, il Lazio, l'Emilia-Romagna e il Veneto. La propensione della mafia a farsi impresa emerge, quindi, anche nelle transazioni economiche connesse con l'emergenza sanitaria del Covid». Ma tutti questi campanelli di allarme hanno a lungo lasciato indifferente la politica. Sostiene Lattanzio: «Nella prima versione del Pnnr la parola mafia non compariva e per questo ho scritto prima all'ex premier Conte e poi al presidente della Commissione bilancio. Nella versione attuale del piano c'è una sola misura specifica che prevede l'investimento di 300 milioni sui beni confiscati. Poi ci sono delle misure che indirettamente possono aiutare a battere i criminali: al lavoro parlamentare saranno investiti dieci miliardi su istruzione, asili nidi e tutela sociale». 

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