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Crisi Covid. Dia, Vallone avverte: «Imprese a rischio clan, va colpita l'area grigia»

di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 9 Aprile 2021, 07:50 - Ultimo agg. : 10 Aprile, 11:33
4 Minuti di Lettura

Blindare i finanziamenti del Recovery Fund, stare accanto agli imprenditori onesti, usare il bisturi per rimuovere infiltrazioni mafiose nel mondo del lavoro. Ma rivolgersi anche alla borghesia cittadina, affinché collabori con forze dell'ordine e magistratura, tagliando ogni legame con i proventi di attività illecita. Sono i punti su cui batte Maurizio Vallone, da sei mesi direttore nazionale della Dia, per anni investigatore in prima linea a Napoli contro camorra e malaffare, prima come capo della Mobile, poi come capocentro Dia.

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Direttore, qual è la sua analisi della realtà economica napoletana? 
«L'area napoletana si connota da sempre per una estrema frammentazione delle organizzazioni criminali, che in gran parte sono ormai dedite al traffico di stupefacenti. I ricchi proventi di tali traffici vengono solo in parte reinvestiti in Campania, in attività finanziarie o immobiliari».


Quali sono i settori più a rischio infiltrazioni mafiose?
«La stagnazione economica che in questa regione, più che in altre, ha le caratteristiche della recessione, sta mettendo in grave difficoltà finanziaria la piccola e media impresa, soprattutto in quei settori che la pandemia ha colpito con maggiore forza a causa della limitazione della circolazione delle persone, come ad esempio il settore del turismo, del commercio di beni non essenziali e, in parte, della ristorazione. In questi settori, dove la necessità di liquidità non trova rapida ed adeguata risposta nel canale finanziario lecito, si aprono enormi spazi di investimento per la criminalità organizzata, sia sotto forma di prestiti usurari, sia di compartecipazione, magari occulta, alla stessa compagine sociale».


Di recente ha chiesto massima cautela sulle interdittive antimafia, per evitare lunghi contenziosi amministrativi: può spiegare il senso di questo intervento? 
«La proposta su cui sta lavorando la Dia mira a differenziare gli strumenti di intervento e a fornire un nuovo strumento a disposizione dei prefetti. Vede, quando nei confronti di un'impresa vi è il solo sospetto che essa sia permeabile alla mafia, l'idea, ancora al vaglio degli uffici legislativi, è quella di ricorrere a strumenti più agili rispetto all'interdittiva, con controlli che seguano l'eventuale appalto passo dopo passo senza estromettere l'imprenditore dal contratto e senza impedirne l'esecuzione».


Il presidente dell'associazione campana dei B&B ha lanciato l'allarme sulle cessioni di attivita un tempo floride: esiste, secondo lei, la possibilità che in queste operazioni si inseriscano attività di riciclaggio o di speculazione della camorra? 
«Sicuramente sì. Vede, il settore del turismo è uno di quelli che sta soffrendo maggiormente a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Nuclei familiari che vivevano della rendita di piccole strutture di accoglienza si sono trovati improvvisamente privi di entrate e con le spese da pagare, magari di affitti o di gestione corrente. La grave mancanza di liquidità con la quale affrontare le necessità quotidiane espone i gestori alla facile attrazione di soldi immediati, offerti magari da un volto conosciuto, un soggetto già caduto nella rete degli usurai o dei soci occulti».


Quale è il ruolo di segmenti della borghesia delle professioni rispetto a fenomeni come il riciclaggio e l'evasione fiscale? 
«A Napoli e in Campania esiste una solida e qualificata borghesia professionale che però, a differenza che in altre città anche ad alto tasso criminale, non si distingue per impegno sociale e solidarietà attiva nella lotta al crimine. Più volte il Procuratore della Repubblica di Napoli, il Prefetto, il Questore e i vertici dell'arma dei carabinieri e della Finanza hanno fatto appello a tale segmento della società napoletana, chiedendo uno scatto d'orgoglio e di impegno civico per aiutare la magistratura e le forze dell'ordine a sconfiggere le organizzazioni criminali. Vi sono eccellenti iniziative di singoli professionisti ed imprenditori, ma troppo spesso la borghesia napoletana resta chiusa nei suoi quartieri e si mantiene distante dai problemi del resto della città, salvo accorgersi della loro drammaticità quando la violenza colpisce anche lì. Vi sono poi taluni professionisti che offrono i propri servigi professionali nella piena consapevolezza delle qualità criminale della clientela e della provenienza del denaro con il quale vengono pagati gli onorari professionali. In alcuni casi, infine, intermediari finanziari, commercialisti, consulenti vari sono risultati non meri professionisti che, richiesti, offrivano consulenze, ma soggetti direttamente cointeressati e compartecipi nella gestione illecita degli affari».


Ha avuto modo di seguire il dibattito su murales e altarini lanciato sul Mattino dal prefetto Marco Valentini?
«Sì, ho seguito con grande interesse ed ammirazione la battaglia intrapresa dal prefetto Valentini, dal questore Giuliano e dal comandante provinciale dei carabinieri La Gala su questo tema. Sono assolutamente al loro fianco, nella consapevolezza che un Paese civile e democratico non può consentire che si elevino a martiri delle persone che hanno inflitto mille sofferenze a vittime innocenti in nome della violenza e della prevaricazione. Pietà per i morti, sicuramente, ma fermezza nell'impedire che si trasmettano messaggi sbagliati alle generazioni dei più giovani, ingenerando un errato spirito di emulazione o mitizzazione di figure che hanno fatto del crimine la loro ragione di vita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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