Covid in Campania, addio alla prevenzione: stop esami e interventi, tumori in aumento

Covid in Campania, addio alla prevenzione: stop esami e interventi, tumori in aumento
di Ettore Mautone
Sabato 27 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 17:02
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Sopravvivere al Covid ma patire altre patologie acute e croniche, di interesse medico e chirurgico anche gravi: potrebbe essere questo il drammatico effetto collaterale della distorsione impressa sull’offerta assistenziale dall’emergenza Covid. Grandi centri clinici, come Cardarelli e Ospedale del mare, che forniscono migliaia di prestazioni di eccellenza in varie discipline specialistiche (ma anche la stessa azienda dei Colli) a causa della pandemia hanno ridotto del 30 per cento, in un anno, i ricoveri ospedalieri (il 43 per cento medici e il 57 per cento chirurgici) sia nelle strutture pubbliche sia accreditate e nei classificati. Doppio canale d’ingresso in pronto soccorso (Covid e non Covid), riconversione d’intere corsie e reparti alla cura dell’infezione, allestimento di vari set assistenziali (degenza ordinaria, sub intensiva e rianimazione), e di aree specialistiche specifiche che sottraggono ancora oggi spazi, posti letto, personale e risorse, configurando un formidabile disincentivo alle cure, all’azzeramento delle attività di prevenzione, degli screening oncologici e delle malattie croniche endocrine, urologiche e di varie discipline, contrazione drastica delle visite ambulatoriali e distrettuali stanno producendo un grande rimbalzo di patologie gravi e di decessi evitabili. 

La Sice, Società scientifica chirurgica in uno studio ha valutato il cambiamento dei comportamenti chirurgici dopo l’ondata pandemica. Sotto la lente lo “stravolgimento” dell’organizzazione dei reparti, i cambiamenti negli screening, i comportamenti in sala operatoria, durante le tre ondate epidemiche. Così 447 Unità di Chirurgia di 226 centri universitari ed ospedalieri su tutta la penisola, Campania compresa, hanno condiviso un questionario di 56 domande. Emerge che il 30 per cento dei reparti in Campania ha visto il dimezzamento dei posti letto e dell’attività (nel primo lockdown nazionale). Il 35 per cento nel secondo lockdown pre natalizio per consentire agli ospedali di aprire nuove terapie intensive, utilizzare medici ed anestesisti di varie specialità, infermieri e Oss da impiegare nei reparti Covid. «La pandemia - dice Umberto Bracale, chirurgo docente della Federico II - sta creando importanti problemi organizzativi e pesanti ricadute cliniche, le altre patologie hanno risentito dei lockdown, soprattutto quelle chirurgiche». 

In Campania, a 12 mesi dallo scoppio della pandemia, la maggior parte degli ospedali conserva una configurazione mista nella gestione di pazienti Covid-positivi e negativi. «Durante la prima Fase quasi il 12 per cento dei reparti di chirurgia è stato chiuso - aggiunge Franco Corcione ordinario dell’ateneo napoletano - e fino a dicembre oltre il 50 per cento delle chirurgie avevano i reparti dimezzati con accorpamenti e chiusure. Adesso siamo di nuovo all’orlo e se non cala la febbre epidemica c’è il rischio che si torni a chiudere». «Le conseguenze delle ritardate diagnosi - aggiunge Paolo Fedelini, primario di Urologia del Cardarelli - è che malati oncologici anche avanzati hanno paura a venire a farsi curare». «Da non sottovalutare - conclude Corcione - è anche la contrazione al 35 per cento del valore degli interventi eseguiti con tecniche mininvasive».

Al Cardarelli il collegio di direzione in un documento ha messo a fuoco tutte le criticità diventate la base di una piattaforma rivendicativa portata avanti dai sindacati della dirigenza medica Anaao in testa. 

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Numeri non sono meno significativi per gli screening: Luigi Pasquale, irpino, presidente della Società di Endoscopia digestiva parte dal cancro colo-rettale. «Circa 600mila test (25 mila in Campania) non sono stati eseguiti e si ipotizza che a causa di un ritardo della diagnosi di 3 mesi, non siano stati diagnosticati 645 tumori in Italia e circa 70 in Campania, non siano stati asportati circa 4mila polipi in Italia (300 in Campania). Rischiamo di trovare tumori in uno stato avanzato con una percentuale superiore al 3 per cento innalzando il tasso di mortalità al 12 per cento». In Campania nel piatto ci sono più di 34 milioni di euro dei fondi nazionali da assegnare alle aziende sanitarie in proporzione alle prestazioni perse da impiegate per personale, ore di specialistica rafforzamento degli screening. 

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