Effetto Covid, calano le nascite: meno 21% in Campania

Effetto Covid, calano le nascite: meno 21% in Campania
di Marco Esposito
Lunedì 3 Maggio 2021, 23:48 - Ultimo agg. 4 Maggio, 19:13
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Non entrano nelle statistiche del Covid. Perché non sono morti, non si sono ammalati e non sono neppure vaccinati. Sono i fantasmi della pandemia: gli oltre 8.600 bimbi «non nati» in Italia a causa dello choc nelle vite di tutti provocato dalla pandemia durante il severo lockdown di marzo e aprile 2020. A distanza di nove mesi da quel periodo drammatico, quindi a dicembre del 2020 e a gennaio del 2021, si registra una flessione di nascite di 3.506 piccoli nell’ultimo mese del 2020 e di 5.151 nel primo mese dell’anno in corso, con un preoccupante segnale di accelerazione. Un fenomeno non occasionale, secondo il presidente dell’Istat, il demografo Gian Carlo Blangiardo, sconvolgente sia pure in un quadro, noto da tempo, di inverno demografico. «Va sempre più accreditandosi la convinzione - afferma Blangiardo - che il malessere che ha recentemente colpito la natalità nel nostro Paese abbia una causa ben definita, e non ancora risolta, destinata a svolgere anche in futuro (almeno nell’immediato) un ruolo di primo piano nel disegnare l’esito delle scelte e dei comportamenti riproduttivi degli italiani».

Oggi siamo abituati a contare le vittime del Covid ovunque in Italia però in quelle prime settimane, lo si ricorderà, la pandemia aveva aggredito alcune province della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. Si sarebbe potuto pensare quindi che il rinvio dei progetti riproduttivi delle coppie si fosse concentrato in quelle aree. Ma così non è stato. A soffrire più di tutte sono state due regioni meridionali, la Campania e il Molise, con flessioni nel bimestre rispettivamente del 16,4% e del 22,3% contro il 15% della Lombardia, il 13,3% dell’Emilia Romagna e l’11,4% del Veneto.

Più che l’effetto diretto, sanitario, probabilmente ha pesato l’incertezza sulle prospettive lavorative, già di solito precarie nel Mezzogiorno. Fa impressione in particolare il precipitare della crisi, evidente proprio in Campania confrontando le flessioni di dicembre e di gennaio (rispetto ai medesimi mesi dell’anno precedente). «Al Sud - scrive il presidente dell’Istat - si coglie innanzitutto la forte accentuazione del calo tendenziale per la Campania (da -11,1% a dicembre a -21,4% a gennaio) e, in tono minore, per l’Abruzzo (da -7,1% a -12,8%), il Molise (da -21,1% a -23,5%), la Basilicata (da -9,3% a -16,7%) e la Calabria (da -8,9% a -14,8%).

In valore assoluto, i numeri dei «non nati» fanno forse ancora più impressione: in Campania sono stati 426 a dicembre e addirittura 878 a gennaio, per un totale di 1.304. In pratica ogni sei culle pronte ad accogliere una nuova vita, una è rimasta vuota: una su nove a dicembre e una su cinque a gennaio. In Italia l’anno in corso secondo Blangiardo si chiuderà con appena 390mila nascite, con una flessione del 4% rispetto al già magrissimo risultato del 2020: 404.000 culle. L’ennesimo minimo storico dall’Unità d’Italia. 

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L’Istat ieri ha anche diffuso insieme all’Istituto superiore sanità il bilancio finale ufficiale del 2020 che, come prevedibile, è particolarmente negativo. Il Covid ha causato in Italia almeno 99mila decessi in più di quanto atteso. Nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta al Covid-19. Tuttavia l’incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull’anno precedente è stato pari a 112 mila (di cui 13mila attesi). «Così, se da un lato è possibile ipotizzare che parte della mortalità da Covid-19 possa essere sfuggita alle rilevazioni - spiega l’Istat -, dall’altro è anche concreta l’ipotesi che una parte ulteriore di decessi sia stata causata da altre patologie letali che, nell’ambito di un Sistema sanitario nazionale in piena emergenza, non è stato possibile trattare nei tempi e nei modi richiesti».

Lo scossone della pandemia è stato tale da modificare gli indicatori della speranza di vita: «Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d’età, la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione», scrive l’Istat nel suo report. La speranza di vita alla nascita scende a 82 anni, 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno.

Tutte le regioni subiscono un abbassamento dei livelli di sopravvivenza. Tra gli uomini la riduzione della speranza di vita alla nascita varia da un minimo di 0,5 anni (vale a dire 6 mesi di vita media in meno) riscontrato in Calabria, a un massimo di 2,6 anni in Lombardia. Le regioni del Centro-sud registrano perdite inferiori, poiché meno colpite dagli effetti della pandemia ma comunque importanti. Lo schema si ripete tra le donne, anche se a un livello differente. Nelle aree del Paese più colpite dalla pandemia il calo della speranza di vita è netto. Tra queste, la provincia di Bergamo, dove per gli uomini la speranza di vita alla nascita è più bassa di 4,3 anni rispetto al 2019, e le province di Cremona e Lodi, entrambe con 4,5 anni in meno. In queste tre specifiche realtà sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo e -2,9 anni per Cremona e Lodi. Dati che arretrano le lancette del tempo al 2003. 

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