Covid, la Campania non migliora: ancora troppi contagi e morti

Covid, la Campania non migliora: ancora troppi contagi e morti
di Ettore Mautone
Lunedì 5 Aprile 2021, 22:57 - Ultimo agg. 7 Aprile, 08:33
4 Minuti di Lettura

È “stagnazione” la parola giusta per definire lo stato attuale dell’epidemia da Sars-Cov-2 in Campania. Basta guardare i principali indicatori: l’indice Rt di diffusione risulta più o meno stabile nelle ultime due settimane aggirandosi sempre attorno al valore di 1,3 a causa dell’elevato numero di pazienti sintomatici che fanno lievitare la misura puntuale di questo parametro che sarebbe altrimenti attestato attorno a 1. Anche l’incidenza cumulativa dei nuovi casi, registrati in sette giorni e misurati per 100 mila abitanti, nella settimana dal 19 al 25 marzo ha fatto registrare un valore di 233 e in quella successiva, dal 26 al 1 aprile, è rimasta ancorata a quota 232 senza smuoversi di molto anche negli ultimi giorni della settimana appena trascorsa. La regione per uscire dalla zona rossa deve invece dimostrare, nei prossimi due monitoraggi, in programma il 9 e il 16 aprile, di avere conseguito un calo costante degli indicatori della febbre epidemica nelle settimane precedenti la valutazione, in misura tale da collocarla stabilmente sotto le soglie di rischio. Questo obiettivo sta diventando molto difficile da centrare. L’ordinanza ministeriale dell’8 marzo, già confermata per 15 giorni il 19 marzo, resta ora in vigore anche dopo il 5 aprile proprio perché la cabina di regia nazionale ha rilevato un andamento altalenante del quadro epidemico generale in Campania e pertanto bisogna ricominciare daccapo nel tentativo di piegare stabilmente, come detto per due settimane di seguito, i parametri di rischio. 

Come mai dunque la Campania non riesce a conseguire cali significativi dei contagi e degli altri parametri epidemici dopo tante settimane di clausura e di regime di massime restrizioni e nonostante le vaccinazioni? «Esistono varie possibili motivazioni del fenomeno che stiamo osservando - avverte Alessandro Perrella, infettivologo del Cardarelli, componente dell’Unità di crisi regionale che, con un algoritmo previsionale, monitora costantemente la pandemia da Covid-19».

Misure di contenimento non più rispettate come accaduto nei precedenti lockdown, l’effetto varianti, la stanchezza della popolazione dopo un duro anno di limitazioni e lo spostamento dell’infezione verso le fasce più giovani e socialmente attive le principali ragioni di questo andamento ondivago e complesso secondo Perrella. «La Pandemia andrebbe definita ormai una Sindemia, parola per la prima volta usata negli anni 90 da Merill Singer antropologo americano e successivamente spiegata in maniera compiuta in un editoriale a firma del medesimo studioso, pubblicato nel 2017 su “The Lancet”. Di cosa si tratta esattamente? Indica una serie di condizioni morbose, socio economiche e culturali concomitanti (altre malattie non infettive, densità demografica, livello di istruzione, indice di povertà, cambiamenti climatici, riscaldamento globale, deforestazione, desertificazione ecc.) che andrebbero tenute nella massima considerazione ai fini di una corretta lettura ed interpretazione dei dati dell’epidemia da Sars-Cov-2. «Il fatto stesso che le persone più giovani cominciano ad esser colpite - conclude l’infettivologo - a fronte di anziani e categorie più fragili sempre più protette, mette in relazione complessa il virus con le situazioni che incontra. Ci sono troppe variabili in gioco e non é più così semplice fare varianti, mutazioni ed altri fattori sociali. Avevamo previsto un picco che si sta verificando ma ora non abbiamo dati di esperienza tali da dirci quale sarà l’andamento a medio e lungo termine». 

Video

Insomma bisogna che ciascuno calcoli i rischi che si corrono in questa terza ondata che si configura più subdola e meno lineare delle precedenti e in cui al lento calo dei contagi corrisponde, per la prima volta dall’inizio della pandemia, un significativo aumento della letalità allineata ai valori medi del resto d’Italia. Ancora ieri, in Campania, ai pochissimi tamponi effettuati sono corrisposti pochi casi in valore assoluto (929 contro i 1.908 del giorno prima) ma con una percentuale record di positivi al tampone del 13,9 per cento. Anche i decessi è vero che sono solo 9, due più del giorno prima ma negli ultimi 15 giorni sono 44 di media ogni 24 ore, il valore percentuale più alto dall’inizio della pandemia. E anche i ricoveri, tenutisi ancora bassi, fanno un balzo in avanti con sei nuovi ingressi in terapia intensiva e ben 90 ricoveri in più a fronte di un calo delle vaccinazioni praticate nelle ultime 24 ore per gli orari ridotti osservati nei giorni di festa: circa 10 mila per un totale di 16,2 dosi somministrate ogni 100 abitanti e una quota di popolazione completamente vaccinata del 4,56 per cento. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA