Alessandro Perrella, infettivologo in servizio all’ Cardarelli, dall’inizio dell’emergenza pandemia fa parte dell’unità di crisi anti-Covid della Regione Campania.
Dottore Perrella, la regione Campania resta ancora in zona rossa. Perché non è stato possibile entrare in zona arancione?
«Gli indici, considerati dal governo nazionale parametri di valutazione vincolanti per decidere ogni settimana la colorazione da dare alle diverse regioni, non sono diminuiti».
Quali indici, in particolare?
«In Campania, innanzitutto l’indice di contagio all’11,5 per cento e poi l’indice Rt a 1,33. Sono i due principali elementi di valutazione. Se, nonostante le restrizioni da zona rossa, non è stato possibile farli diminuire, non è stato possibile il passaggio in arancione».
Perché l’indice Rt è aumentato in Campania all’1,33 per cento rispetto alla media nazionale dello 0,98 per cento?
«Questo dato è dovuto dall’aumento di sintomatici che hanno avuto bisogno di cure e ricoveri ospedalieri. Un incremento legato all’età media dei positivi, che è tra i 60 e i 65 anni e determina una maggiore e rapida diffusione del virus, anche su pazienti con particolare fragilità. Un dato che, rispetto alla stabilità dell’indice nazionale, è in contro tendenza. Va detto, però, che non siamo di fronte a improvvise impennate in alto dei contagi».
Ci sono altre cause particolari che determinano l’indice Rt campano?
«Si ragiona, naturalmente, sul periodo di analisi delle ultime rilevazioni. L’aumento dei sintomatici sessantenni con necessità di ricovero è provocato anche dalla rapidità di trasmissione del virus che è propria della variante inglese. Poi, non bisogno dimenticare, come valutazione generale, che siamo ancora lontani dall’immunità generale per le difficoltà che incontrano le vaccinazioni in mancanza di dosi sufficienti».
C’entra anche l’inosservanza delle restrizioni?
«Questo può essere un elemento aggiuntivo. Naturalmente, se la variante inglese si diffonde con maggiore rapidità, il poco rispetto del distanziamento o dell’uso della mascherina aumenta il rischio di contagio. Credo si stia diffondendo una certa stanchezza generale, come se con fatalismo si desse per scontato l’esistenza del virus. È sbagliato, ma è un atteggiamento psicologico su cui è difficile ora intervenire».
Vero che i vaccini cominciano a essere somministrati anche dai medici di famiglia?
«Rientra nelle previsioni della campagna vaccinale, per renderla più rapida. Naturalmente, sempre facendo i conti con la disponibilità delle dosi di vaccino».
I medici di famiglia somministrano le dosi del vaccino Moderna?
«Non seguo direttamente la campagna vaccinale, affidata ad altri colleghi nell’unità di crisi. Ma so che sono di recente state consegnate delle dosi del vaccino Moderna e immagino siano arrivate anche ai medici di famiglia, che sono in condizione di somministrarle».
Quando sarà possibile, in Campania, raggiungere un abbassamento degli indici di contagio per raggiungere un livello da zona arancione?
«Dipenderà molto dalla vaccinazione, che è legata alla disponibilità delle dosi. In Gran Bretagna, dove hanno raggiunto un numero di vaccinati molto alto, hanno subito registrato cali di contagi dopo aver raggiunto in precedenza un preoccupante livello di positività».
Numeri al ribasso per ora lontani, in Italia?
«Sono numeri legati alla consegna delle dosi dalle case farmaceutiche e alla loro distribuzione. Credo ci vorranno ancora delle settimane, per poter raggiungere i risultati ottenuti dalla Gran Bretagna».
Gli indici di rilevamento sulla colorazione delle regioni sono di meno con il governo Draghi?
«Sono diminuiti rispetto a quelli precedenti, ma restano inalterati i parametri principali rappresentati dalle percentuali di positivi rispetto ai tamponi effettuati, l’indice Rt, la presenza di posti letto occupati, la mortalità. Parametri fondamentali e di immediata lettura e rilevamento per fare valutazioni. Ma bisogna continuare a rispettare le regole dettate da inizio pandemia, facendone abituali comportamenti quotidiani».