Covid, a Napoli contagi record: dai trasporti ai rifiuti, tutti i servizi in tilt

Covid, a Napoli contagi record: dai trasporti ai rifiuti, tutti i servizi in tilt
di Valerio Esca e Elena Romanazzi
Lunedì 4 Luglio 2022, 23:57 - Ultimo agg. 5 Luglio, 16:23
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I contagi Covid aumentano e il trend non si arresta. Nella morsa della variante Omicron sono finiti molti lavoratori che si occupano di servizi essenziali: raccolta rifiuti, trasporto pubblico e front office comunali. I positivi al Coronavirus nell’ultima settimana sono raddoppiati, basti pensare che al Comune di Napoli uno su tre è a casa con il Covid. «Un contagio a macchia di leopardo - spiega Roberta Stella, sindacalista del Csa - In tempo e per tempo abbiamo segnalato il rischio dovuto alla sottovalutazione della pandemia. Oggi che quotidianamente un dipendente su tre, quando ci va bene, si contagia, emergono tutte le criticità su regole di prevenzione e smart working». 

Al Comune ci sono interi palazzi semi-deserti.

Basta un giro nei corridoi di Palazzo San Giacomo, dove sono di stanza sindaco e assessori, o nella struttura che ospita il Consiglio comunale in via Verdi. Ma anche nelle Municipalità, dove il personale è già esiguo, si contano i positivi. Ce ne sono di media due o tre ogni parlamentino. Ci sono contagiati nelle segreterie, nelle commissioni, tra i dipendenti che si occupano di rilascio di documenti e carte d’identità. Uno strike in piena regola. «Tutte le circolari sono arrivate all’ultimo secondo, prive di una visione d’insieme - insiste la sindacalista - Inoltre, in aggiunta alle ferie si rischia che le infezioni da Covid blocchino di fatto i servizi essenziali. Lo smart working non è una caritatevole concessione, lo stesso vale per la fornitura di mascherine e dotazioni di contrasto all’infezione. Ma se pensiamo che in alcuni uffici non ci sono nemmeno i condizionatori…». Sotto i colpi del Covid anche la raccolta dei rifiuti è a rischio. Da fonti aziendali il dato parla di una cinquantina di positivi, ma ciò che preoccupa di più è che per ogni contagiato ci sono potenzialmente altri dieci operatori a rischio, a causa di ambienti di lavoro molto promiscui. Nella partecipata comunale che si occupa di rifiuti l’emergenza va avanti da due anni, ovvero da quando è esplosa la pandemia. Ci sono stati momenti con più di cento positivi e altrettanti in isolamento fiduciario. A farne le spese è chiaramente il servizio di raccolta, che sconta continui stop and go. Considerando che su 2mila dipendenti solo poco meno di cento unità nella direzione, tutto il resto è forza lavoro: ovvero unità impiegate su strada. Come se non bastasse Asìa è un’azienda vecchia dal punto di vista anagrafico: l’età media è di 59 anni, alcuni lavoratori hanno patologie e dunque non possono lavorare alla raccolta. E cresce la paura di contagiarsi tra i dipendenti considerati “fragili”. 

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Le prime avvisaglie ci sono state tra venerdì e sabato quando all’ufficio del personale sono arrivati i primi certificati medici. Ovviamente tutti rigorosamente riservati, dove non c’è scritto «positivo al Covid», ma nelle diverse chat tra gli autisti e tutto il personale dell’Anm è iniziato il tam tam sull’impennata di casi. Disservizi ci sono stati domenica sul fronte delle linee di superficie. Le attese sotto il sole sono aumentate sia perché il giorno festivo è prevista una riduzione del trasporto pubblico, sia per l’aumento di certificati. Caos alle funicolari di Chiaia e Montesanto nel primo pomeriggio di ieri, dove, per mancanza di personale, non sono state effettuate le fermate intermedie. Sono circa 50 le persone che hanno inviato il certificato medico all’Anm, ci sono autisti, macchinisti, ma anche chi lavora alle funicolari. In Anm già si pensa a come garantire il servizio pubblico - per ora ha tenuto, fanno sapere i vertici - nel caso di un aumento considerevole di contagi. Perché a queste assenze si deve considerare anche il personale in ferie. «I dati - spiega Nicola Pascale, amministratore unico di Anm - vengono costantemente monitorati, è evidente che in base all’evoluzione verrà predisposto un piano adeguato ma ritengo tuttavia che la normativa debba essere rivista a livello nazionale sulla durata della “quarantena” come stanno facendo nel resto dell’Ue». Febbre o no, chi è positivo ed ha effettuato le tre dosi deve comunque rimanere sette giorni a casa e certo soprattutto durante il periodo di ferie ciò può creare problemi e disagi, come sta già avvenendo.

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