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CORONAVIRUS

Covid a Napoli, l'odissea delle cure a domicilio: «I telefoni dei medici squillano a vuoto»

di Ettore Mautone
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 4 Gennaio 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 08:12
4 Minuti di Lettura

Il Coronavirus corre come un forsennato, la versione Omicron gli consente di essere ormai presente quasi in ogni famiglia ed è sul versante delle cure domiciliari e di prossimità che grava oggi il maggior peso delle richieste di aiuto dei malati. Una marea silenziosa e invisibile di malati che non affolla i pronto soccorso ma che trova crescenti difficoltà ad accedere a un contatto certo, costante e diretto col proprio medico o pediatra di base. Pazienti che durante queste feste hanno toccato con mano lacune e insufficienze della rete delle guardie mediche notturne e festive. Intere famiglie che restano in queste ore a casa spesso da sole, con telefoni che squillano a vuoto e l’unico baluardo del supporto delle farmacie dove alcuni presìdi, come gli antibiotici prescritti per la copertura di eventuali infezioni batteriche, gli integratori considerati efficaci e lo stesso ossigeno iniziano a scarseggiare. 

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Carlo Dotati, 50 anni, assistente di volo, è di Fuorigrotta. I genitori, 70 anni la mamma e 80 il padre, gli hanno chiesto aiuto. L’una è fumatrice e broncopatica. L’altro è oncologico. Accusano tosse e malessere. Sono vaccinati e in procinto di fare la dose booster. Ieri mattina sono andati in farmacia per un controllo: hanno fatto il tampone rapido e sono risultati positivi. Hanno chiamato il medico di base che ha prescritto la vitamina C e null’altro. Il figlio, anche lui risultato positivo ma asintomatico, ha provato a ricontattare il medico per chiedere lumi sulla patologia del padre, sui farmaci da tenere a portata di mano. Ma il telefono ha squillato invano per tutta la giornata. A Ponticelli c’è una famiglia che si è riunita Capodanno a casa dei nonni anziani, malati e non deambulanti. Sono tutti vaccinati e fanno uso delle mascherine ma tra la cena e i brindisi le precauzioni sono state abbassate. Qualcuno ha sintomi. Dovrebbero fare anch’essi il tampone ma serve il test a domicilio. Il medico di famiglia è andato in pensione e l’assistenza domiciliare programmata è rimasta nel limbo: non sanno a chi rivolgersi. E al distretto non risponde mai nessuno.

In questo esercito silenzioso provano a districarsi i medici di famiglia: ci sono quelli che lasciano il numero del cellulare, quelli che si fanno in quattro tra le risposte su whatsapp, i tamponi, le vaccinazioni, gli inserimenti dei dati in piattaforma, le terapie, le visite domicilio e allo studio e chi, invece, è lontano e risulta irraggiungibile. «Questa versione del virus - avverte Pina Tommasielli, studio a Soccavo e membro dell’Unità di crisi regionale - va curata soprattutto a casa, i pazienti sono tantissimi. Le affezioni sono limitate alle prime vie respiratorie, si cura come un’influenza, ma serve sempre la diagnosi, dobbiamo vigilare. La clinica è sovrana. La maggior parte dei vaccinati è asintomatica se giovani o paucisintomatici se più adulti. Non chiamo il 118 da mesi. Questo è un dato sicuro. La cura e le prescrizioni di tamponi nei sospetti la fa il medico». I camici bianchi devono rispondere al telefono fino alle 20 e lo studio deve restare aperto 5 giorni a settimana. Chi ha 1.500 assistititi deve fare almeno tre ore giorno di studio e per il resto essere reperibile. Le ricette? Si possono fare per mail o whatsapp. L’assistenza telefonica è prevista dall’accordo siglato a luglio del 2020. Oggi il Covid è una patologia da territorio. I distretti sono dedicati alle vaccinazioni. È il momento che i coordinatori delle reti di quartiere (Aft) scendano in campo: sono 180 in Campania, 25 a Napoli. Nell’arco di 12 ore uno studio deve restare sempre aperto e ogni medico può consultare la cartella clinica del paziente del collega. Molti chiedono che questa possibilità sia estesa anche alle guardie mediche da aggiornare alle nuove esigenze di salute pubblica.

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«È un totale caos che stiamo provando a governare - dice Saverio Annunziata, dirigente del Sumai - tra lo straripare di positivi all’antigenico, al molecolare, i contatti stretti, le registrazioni in piattaforma, i certificati di malattia per i pazienti in quarantena e in isolamento, il termine della quarantena o isolamento, le vaccinazioni antinfluenzali e anti-Covid». «La minore gravità dei pazienti si traduce in un carico impossibile da sostenere - conclude Luigi Sparano della Fimmg, al medico di medicina generale viene demandata tutta la burocrazia legata alla gestione della malattia. Chi ha il Covid teme che possa aggravarsi e chiede al medico un’attenzione enorme. Parliamo di migliaia di persone con sintomi influenzali. Servono decisioni immediate su obbligo vaccinale, limitazioni agli assembramenti e modelli di relazione efficaci tra i medici e i sistemi di sanità pubblica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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