Napoli, certificati per non vaccinarsi: i medici assediati dai No vax

Napoli, certificati per non vaccinarsi: i medici assediati dai No vax
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 26 Novembre 2021, 06:59 - Ultimo agg. 27 Novembre, 09:01
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L’allarme ancora una volta arriva dai medici di famiglia. Una categoria sotto pressione ormai da mesi che - oggi più che mai - è costretta a fare i conti con le “insistenze” di chi non ha alcuna intenzione di immunizzarsi ma nello stesso tempo non intende rinunciare a vivere esattamente come quanti sono già alla terza dose. Luigi Sparano, segretario provinciale della Federazione nazionale dei medici di medicina generale, sono giorni che raccoglie le segnalazioni, e le proteste, dei colleghi. 

Che cosa succede?
«Semplice: è in arrivo il cosiddetto green pass rafforzato. Dal 6 dicembre al 15 gennaio - ma con possibilità di proroghe - chi non è immune sarà tagliato fuori da una serie di attività che soprattutto a Natale appaiono irrinunciabili.

Ed ecco che i No vax napoletani tornano all’attacco con più grinta e veemenza di prima».

In che modo?
«Il solito. Vogliono, per non dire pretendono, un certificato, firmato da noi medici di famiglia, che attesti la loro incompatibilità con la vaccinazione adducendo motivi di salute non sempre riscontrabili».

Vale a dire un sistema per circolare liberamente, anche in luoghi al chiuso, senza essere immuni.
«È chiaro che la nostra risposta è no, a meno che non ne abbiano davvero diritto, ci mancherebbe. E però posso assicurarvi che non è mai così semplice». 

Si spieghi meglio.
«In alcuni casi, di fronte alla negazione del certificato, si creano situazioni di tensione non facilmente gestibili. Non di rado i medici sono stati insultati e offesi, e si è sfiorata l’aggressione. Così - e parlo a nome dell’intera categoria - non possiamo più andare avanti». 

Quanti sono i No vax a Napoli?
«Qualche dato lo abbiamo. Ogni medico di famiglia conta circa 1300 pazienti. Diciamo - più precisamente - da 1200 a 1500. Di questi almeno 150 rifiutano la fiala, per arrivare a trecento in alcune zone della città. Escludendo i bambini che al momento non possono vaccinarsi».

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Una percentuale piuttosto alta.
«Sì, certo. Anche, se va detto, alcune regioni d’Italia sono messe peggio, ma il nostro è senza dubbio un dato significativo e va monitorato. Dobbiamo continuare a insistere, promuovere il vaccino, e lavorare in modo capillare sul territorio».

Quali sono le aree dove ogni medico ha circa trecento pazienti No vax?
«Ponticelli, Barra, Secondigliano, Scampia e San Giovanni a Teduccio sono i quartieri più restii. Circa la metà, più o meno 150, al Vomero, Arenella, Chiaia e Fuorigrotta. Tra le persone con più di ottant’anni l’adesione minore si registra invece a San Pietro a Patierno, la più alta tra Vomero e Posillipo».

Secondo lei da che cosa dipende?
«Le ragioni possono essere diverse. Al netto di un insieme di bufale, falsi miti, timori infondati, preoccupazioni senza alcuna base scientifica, informazioni errate e strane credenze».

Quindi?
«Probabilmente, forse più nella prima fase, ha inciso una distribuzione non omogenea del farmaco sul territorio. In ogni caso la campagna è stata fatta. Non si può dire che i cittadini non siano stati sollecitati a sufficienza».

E però i No vax sono ancora tanti. 
«Con tutto ciò che comporta. A cominciare proprio dalla loro gestione. È vero che hanno diritto a essere curati come gli altri, ma è pur vero che noi medici di famiglia abbiamo l’obbligo di tutelare anche la salute di quei pazienti che, in alcuni casi, sono già alla terza dose».

Questione di organizzazione?
«Anche. È necessario creare un filtro per accedere ai nostri studi. Ne ho parlato proprio ieri con alcuni colleghi che non sempre riescono a garantire la giusta separazione tra le due categorie di pazienti. Invece ora è indispensabile farlo».

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