Covid a Napoli, la sfida dei gestori: «Basta divieti serali, apriamo lo stesso»

Covid a Napoli, la sfida dei gestori: «Basta divieti serali, apriamo lo stesso»
di Gennaro Di Biase
Martedì 12 Gennaio 2021, 23:31 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 07:35
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Sbarca a Napoli «IoApro1501», il movimento di ristoratori e baristi che in queste ore sta concretizzando la rabbia dei pubblici esercenti contro la chiusura dei locali e lo stop all’asporto previsto dal Governo dalle 18 del 16 gennaio. La sfida contro la nuova stretta anti-movida è partita l’altra sera dai social, tra locandine di «dpcm autonomi» o inviti a «spegnere i registratori di cassa», vantando decine di migliaia di adesioni a livello nazionale e centinaia in città. Decine i locali intenzionati a violare le norme, non solo nelle location meno in vista ma anche in zona Lungomare. I nodi cardine della rivolta alle restrizioni sono due. Primo: restare aperti a cena il 15 gennaio, dunque poche ore prima che scatti il nuovo provvedimento anti-Covid ipotizzato da Palazzo Chigi. Secondo: una possibile «marcia su Roma» in programma da «Teano» oggi, dove arriveranno da Napoli centinaia di auto. Nei fatti, però, e cioè fuori dai social, per la riuscita delle proteste «sarà essenziale un alto numero di adesioni», come sottolineano gli stessi commercianti partenopei che hanno aderito a «IoApro».

E le adesioni, almeno nel mondo virtuale, sono tantissime in poche ore. Circa 3mila i like alla pagina «IoApro» su Facebook. Una pioggia di commercianti iscritti invece su Telegram (più o meno 8mila).«Non firmate i verbali - si legge in chat - Non pagate nulla, ci sono studi di avvocati che vi seguono gratuitamente. Aprite e tenete chiusi i registratori di cassa. Disobbedienza e sciopero fiscale». Oppure: «Siete grandi, continuiamo così» e «se si apre a Napoli io vengo come cliente». Tanti anche i video di ristoratori che, martoriati dalla crisi, si espongono contro il nuovo divieto in arrivo. 

Tra i media della pagina Facebook spicca poi il «dpcm autonomo», acronimo di «Decalogo Pratico Commercianti Motivati»: «Io apro per non chiudere più - recita il pdf con le condizioni della protesta - Supporto legale alle Attività in caso di sanzioni.

Supporto legale ai nostri sostenitori (clienti) in caso di sanzioni. Conti al tavolo alle 21:45. Rispetto norme anti-Covid». 

Non mancano messaggi di simpatie trumpiste, e se al quadro si aggiunge il luogo della eventuale «marcia su Roma», prevista da «Teano», il caos ideologico è completo. Un mix tra Ventennio e Risorgimento, condito con un tocco di post-verità trumpista. È il cortocircuito tra mondo reale e mondo virtuale, in pratica, con i social che alimentano la realtà. E non viceversa. 

Video

Ma al di qua delle combinazioni ideologiche più o meno posticce, migliaia di dipendenti di bar o ristoranti hanno perso il lavoro a Napoli dall’inizio della pandemia. Non a caso, le associazioni di categoria, pur prendendo le distanze dall’illegalità, sposano i motivi della protesta: «Uno dei fondatori del movimento “IoApro”, modenese, mi ha invitato in videoconferenza - racconta Antonio Viola di Mammina e Fiepet - Ci siamo parlati a lungo. Il 15 tanti locali apriranno anche a cena. Io non apro, ma la crisi è pesante. Preferisco continuare a lavorare attraverso Fiepet, sedendo ai tavoli istituzionali per lavorare nella legalità». «Le sanzioni sono tante - aggiunge Massimo Di Porzio di Fipe - Una multa da 400 a 1000 euro e chiusura fino a 10 giorni per il ristoratore, sanzioni ai clienti. “IoApro” ha tutte le ragioni del mondo, ma non credo sia questo il modo giusto di contrastare il dpcm. Ad aderire sono tanti giovani ristoratori che chiedono di lavorare anche a cena, perché un pubblico esercizio realizza il 70% degli incassi di sera, e con lo smart working questa percentuale sale ancora. Il disagio è legittimo, ma questo non basta a violare la legge».  

Si vocifera di locali già aperti a cena in queste ore, e in questo clima rovente, da Chiaia Night e Baretti Falcone parte una proposta alla Regione: «La situazione è tesa - spiega Aldo Maccaroni, presidente dell’associazione - Il consumo solo ai tavoli potrebbe essere una soluzione, anche se c’è una miriade di locali che non hanno spazi esterni e verrebbero tagliati fuori. Però speriamo che almeno ci consentano di lavorare fino alle 21 con i tavoli. Altrimenti, ci dicessero definitivamente che dobbiamo stare chiusi e si assumano la responsabilità dei licenziamenti che saremo costretti a fare. Non registro per ora un allarme di infiltrazione della camorra nei locali, ma dico alle forze dell’ordine di intervenire subito in locali borderline dal punto di vista della legalità».

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