Liste di attesa da smaltire per interventi chirurgici, indagini, visite, esami e screening: dopo un anno di pandemia in Campania si contano circa 100 mila ricoveri ospedalieri da recuperare distribuiti tra le 17 aziende sanitarie delle varie province. Code interminabili accumulatesi nel corso del 2020 a causa dei ripetuti stop e lockdown dovuti al Covid. In maggioranza si tratta di interventi chirurgici (oltre 70 mila) a cui si aggiungono 25 mila ricoveri per questioni mediche senza contare una fetta di circa il 20 per cento delle attività ambulatoriali perse rispetto al 2019.
Sul territorio della Asl Napoli 1 mancano all’appello circa 11.400 interventi chirurgici rimandati nel corso del 2020 e 2 mila ricoveri medici. La Asl sta pianificando i recuperi e il grande scoglio è solo nella carenza di personale. Al Policlinico Federico II ci sono da recuperare altri 5.600 interventi, oltre 3 mila al Cardarelli. Le liste d’attesa, per i ricoveri mancati, si sono gonfiate nell’ultimo anno in tutte le aziende sanitarie: alla Vanvitelli sono ad esempio 2.167 i ricoveri da riprogrammare, 2.858 all’azienda dei Colli (Monaldi, Cotugno e Cto). Al Santobono gli interventi chirurgici da recuperare sono 1.900 ma qui risultano anche 2.363 prestazioni di tipo medico saltate per un totale di 4.285 ricoveri rimandati nei picchi delle ondate Covid. Oltre alle liste del 2020 da smaltire in Campania sono ancora presenti, in lista di attesa, 41.290 prestazioni prenotate nel periodo che va dal 1° gennaio al 30 giugno 2021 e non erogate nei tempi previsti. Prestazioni urgenti (di tipo B) che avrebbero dovuto seguire una corsia preferenziale e assicurate entro 10 giorni e di tipo D (da garantire entro 30 giorni per le visite ed entro 60 per gli accertamenti diagnostici). Su questo fronte è la Asl Napoli 1, con il 38 per cento di prestazioni non erogate, a guidare la classifica, seguita dalla Napoli 3 sud (17 per cento) e Napoli 3 nord (15 per cento) mentre il Cardarelli nel 2021 solo l’1 per cento da recuperare.
L’adesione agli screening? È stata una debacle nel 2020 in Campania. I controlli al colon-retto sono passati dal 9,37 per cento all’1,99, dal 16,96 per cento del 2019 al 6,632 e per il cancro della cervice uterina. Più che dimezzate anche le mammografie: dal 17 al 7,4 per cento). In pista dunque, per recuperare, c’è un vero e proprio piano Marshall disegnato dalla Regione. Nel piatto ci sono ingenti somme stanziate a livello nazionale sia per potenziare le attività delle strutture pubbliche e per quelle accreditate. Queste ultime erano rimaste senza risorse da fine luglio. L’obiettivo è riportare a galla la macchina assistenziale il cui arretramento, dovuto al Covid, si riverbera anche sugli afflussi in emergenza cresciuti per intensità e gravità. L’unico centro uscito pressoché indenne da questo “tsunami” assistenziale è l’Istituto Pascale. Il polo oncologico partenopeo non si è mai fermato incrementando del 20 per cento le attività con un piccolo score di prestazioni da recuperare dovuto più all’aumento del fabbisogno che a un arretramento di visite e interventi.
A inizio agosto la Regione ha distribuito alle aziende sanitarie 44 milioni messi a disposizione dal ministero per il recupero delle liste di attesa nel settore pubblico. Al privato accreditato, per la specialistica, vanno altri 72 milioni frutto dei risparmi sul budget per il 2020 conseguiti a causa delle restrizioni Covid con l’aggiunta di fondi straordinari che la Campania non aveva finora utilizzato (quasi tutto il Covid è stato trattato nel settore pubblico). Fondi con cui sono state ripristinate, dal primo settembre, le attività dei centri radiologici, ambulatoriali specialistici e dei laboratori che avevano esaurito la benzina sin da giugno. La Asl Napoli 1 può contare su circa 15 milioni per il recupero, già iniziato, delle attività dei centri accreditati e su circa 2,3 milioni per i ricoveri. Al Cardarelli va mezzo milione, all’
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