Covid, a Napoli una nuova variante: incrocio tra ceppo europeo e sudafricano

Covid, a Napoli una nuova variante: incrocio tra ceppo europeo e sudafricano
di Ettore Mautone
Venerdì 16 Aprile 2021, 23:00 - Ultimo agg. 17 Aprile, 18:40
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C’è una nuova variante di Sars-Cov-2 in giro per Napoli e provincia: è un incrocio tra il ceppo europeo (B.1.7.7) e sud africano, da cui il primo ha preso una mutazione identificata con il codice E-184-K. Da gennaio, questo “discendente” dell’originario ceppo di Wuhan, poi emigrato in Europa, e ora imparentato con la variante africana, era tenuto sotto stretta sorveglianza sanitaria dai laboratori di Cotugno, Tigem e Istituto zooprofilattico nell’ambito del progetto regionale Gencovid. La caccia è durata mesi, condotta in stretto collegamento con l’Istituto superiore di Sanità: controlli, verifiche, analisi, interventi mirati di contact tracing e migliaia di sequenziamenti dai casi registrati a Napoli, nell’hinterland partenopeo, dall’agro-nocerino-sarnese fino a Pagani, dove è stato identificato un cluster. Così la nuova variante è stata registrata in Gisaid, la banca mondiale delle varianti di Sars-Cov-2

A partire da dicembre, nei tre laboratori napoletani, sono stati sequenziati i virus presenti in circa 8.500 tamponi. Lavoro che ha consentito sin dallo scorso Natale di identificare le prime sei varanti inglesi che hanno iniziato a circolare. A differenza delle altre regioni italiane, che eseguono un numero fisso di sequenziamenti, il Cotugno, il Tigem e l’Istituto zooprofilattico si sono attestati su 384 analisi virali a settimana, (circa 1.500 al mese), ottimizzando il rapporto tra costi e benefici grazie all’utilizzo di una sola piastra di decodifica. Un lavoro di squadra che sta dando buoni frutti, in base ai dati epidemiologici raccolti e di un algoritmo che mette insieme incidenza, mortalità e densità abitativa dei focolai per seguire l’evoluzione del virus. Da queste tracce si è arrivati all’agro-nocerino-sarnese, e da qui a Pagani dove a un certo punto sono stati identificati 74 tamponi positivi al nuovo ibrido.

Attualmente l’albero genealogico del coronavirus vede prevalere la variante inglese (B.1.1.7), ma non mancano le identificazioni di ceppi brasiliani (per quanto temibile, questi hanno mostrato un basso trend di crescita), sudafricani, europei, cinesi e bergamaschi con almeno un caso di variante californiana, messa sotto tiro esaminando il tampone di un tenente della Marina militare Usa di stanza nella base Nato a Giugliano.  

A gennaio risale la prima apparizione sulla scena di due casi molto strani: un ceppo che, partendo dalla base europea del virus, sembra “virare” verso quella sud africana. A febbraio i rilievi di ibridi diventano 9, tutti con la stessa mutazione E-184-K. Campioni che da Napoli e nella provincia a sud della città si spostano a Pagani, che diventa l’epicentro di un cluster. Informato il ministero, le autorità sanitarie provvedono a uno screening su duemila persone. Emergono così un centinaio di casi. La caccia è estesa a Scafati e Nocera, i risultati vengono inviati alla banca dati Gisaid per la schedatura; mentre variante identificata al Pascale nei mesi scorsi non è invece mai approdata in questa classificazione in quanto estinta. 

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La storia di questo nuovo virus non è finita: dopo alcune settimane di silenzio, in cui se ne erano perse le tracce, è riapparso nei giorni scorsi proprio a Napoli, con un nuovo abbinamento che pone un piccolo problema: per la prima volta, anche la variante inglese si è appropriata della mutazione E-184-K del ceppo sudafricano. L’ibrido può ora contare su un motore ben più potente e un serbatoio enorme. Tutte mutazioni che, per ora, restano sotto la protezione dell’ombrello vaccinale di AstraZeneca, Pfizer e Moderna, ma bisogna fare presto a immunizzarsi in quanto proprio la mutazione E-184-K fa del virus sud africano un ceppo più virulento, meno sensibile all’immunità e capace di infezioni più lunghe. La sorveglianza dell’ibrido anglo-africano si è ora trasferita nelle colture in vitro e nei laboratori napoletani: qui si stanno studiando, su cellule umane, le caratteristiche di infezione, le proteine usate come chiavi per forzare la porte delle cellule, l’interazione con le risposte immunitarie. Una storia tutta da scrivere dai ricercatori napoletani. 

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