Secondigliano, lo scoppio e la voragine 20 anni dopo

Secondigliano, lo scoppio e la voragine 20 anni dopo
di Claudia Procentese
Domenica 24 Gennaio 2016, 20:34
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«Che questo luogo torni a vivere, non deve dare più una sensazione di morte, sono venti anni che il quadrivio di Secondigliano ricorda quel terribile giorno. Facciamolo per rispetto a coloro che qui hanno perso la vita ingiustamente, per un errore umano, almeno ricordiamoli in modo decoroso». Commozione ma fermezza nelle parole pronunciate ieri pomeriggio da Sandro Russo, portavoce dei familiari delle vittime della voragine di Secondigliano.

Alle 16,30, stessa ora della tragedia del 23 gennaio 1996, una corona di alloro è stata deposta sulla lapide che ricorda i morti, all’interno di una cappellina a loro dedicata, in via Limitone di Arzano, a pochi metri dal quadrivio. Il crollo di un tunnel sotterraneo, da quattro anni in costruzione e che prevedeva l’unificazione nel sottosuolo dell’asse mediano tra Miano e la rotonda di Arzano, provocò l’esplosione di una condotta del gas e squarciò la terra. Si aprì una voragine di 40 metri di diametro e profonda alcune decine.

Undici le vittime, una mai ritrovata, una palazzo crollato, esercizi commerciali distrutti ed una riqualificazione dell’area al confine con Scampia non ancora portata a termine. “E non solo - aggiunge Sandro - In 20 anni, dopo un processo penale ed uno civile conclusi, abbiamo avuto soltanto un acconto sui risarcimenti. Il piano di riparto ci riconosce come creditori privilegiati perché parenti delle vittime, ma l’iter della liquidazione dei rimborsi è tuttora aperto e accidentato. Attendiamo ancora giustizia. Siamo stati abbandonati da tutti, di recente qualche piccola attenzione ci fa ben sperare, come l’installazione di una fontana fuori la piccola cappella per poterla tenere pulita e innaffiare i fiori”.

Tutto intorno ancora le erbacce e i resti di quel pomeriggio sciagurato rimasto nella memoria collettiva di un intero quartiere che, venerdì, ha ricordato Emilia, Francesco, Giuseppe, Ciro, Gennaro, Michele, Mario, Pasquale, Alfonso, Serena e Stefania, con canzoni e poesie insieme agli studenti dell’istituto comprensivo ‘Pascoli II’.

“Stiamo affrontando tecnicamente la vicenda, in cui dramma, caso e colpe si sovrappongono - spiega l’assessore comunale al Patrimonio Sandro Fucito, presente ieri alla cerimonia con il presidente della settima municipalità Vincenzo Solombrino -. L’abbiamo ripresa nell’ultimo anno e mezzo dopo silenzi e intoppi burocratici. Inizialmente la riqualificazione si basava su una iniziativa privata, cioè la costruzione in loco di un grosso albergo, ma l’aggiudicatario del bando ha fatto un passo indietro. Un progetto, comunque, da noi valutato faraonico e non utile per il contesto reale. Dei circa 7 milioni di euro, che arrivavano a 20 con i capitali privati, 6 sono già stati utilizzati per la messa in ordine e sicurezza della piazza. Restano un paio di milioni da destinare al ripristino della parte commerciale per rimuovere l’anomalia delle baracche-negozi e, d’intesa con la municipalità, al restyling di tutta l’area verde per la quale abbiamo iniziato nei mesi scorsi le bonifiche. Ma bonificare significherà riprendersi anche i terreni che nel frattempo sono stati occupati abusivamente”.

Intanto sulla lapide resta il segno della mancata cura. Quel numero dodici errato, invece di undici, nel conteggio dei morti che chi è sopravvissuto non ha voluto correggere. “Abbiamo ottenuto questa lapide dopo un’attesa di 17 anni - dicono i familiari -. Riportarla indietro significherebbe forse aspettarne altrettanti per la rettifica. Facciamo nostro il commento di don Gennaro Chianese, parroco della vicina chiesa di Maria Santissima del Carmine, che ha officiato il rito di commemorazione: dodicesimo è l’angelo che proteggerà loro e voi”.  

 

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