Dunque, ci saranno tre nomi proposti dalla quinta commissione. Sembra chiaro che al Plenum, arriveranno i nomi del procuratore di Napoli Gianni Melillo, del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dell'attuale reggente della Procura nazionale antimafia Giovanni Russo. Parliamo del voto per la guida della Dna, per la successione a Federico Cafiero de Raho, in pensione da qualche giorno: un appuntamento destinato ad aprire una sorta di domino tra le Procure, sull'asse Napoli-Milano. Ma al di là dello scenario futuribile, restiamo a quanto sembra profilarsi per la guida della Procura nazionale antimafia.
Restiamo a Palazzo dei Marescialli, dove la quinta commissione - presidieduta dal napoletano Antonio D'Amato - dovrà indicare dei nomi al Plenum, sulla scorta delle istanze finora pervenute.
Ma sull'asse Roma-Napoli non si sta giocando solo la partita per la Dna e per una eventuale copertura dell'ufficio partenopeo. C'è un altro nodo che dovrebbe spettare a questo Consiglio sciogliere. Parliamo di una questione che nulla ha a che vedere con la storia della Dna, ma che incide sulla tenuta della giurisdizione in una delle aree più complesse del Napoletano: è il problema legato alla gestione della Procura di Nola, ufficio affidato da mesi a un reggente, a cui spetta l'onere di guidare le indagini in un'area complessa come quella vesuviana. Come è noto, la ex procuratrice di Nola Laura Triassi è stata trasferita d'ufficio su intervento del Ministro alla Procura generale di Potenza, in un caso ancora in valutazione da parte del Csm. Al momento l'ufficio è guidato dal pm anziano Arturo De Stefano, la cui posizione viene valutata sotto il profilo disciplinare (assieme ad altri quattro colleghi), a proposito delle registrazioni dei colloqui con l'ex capo Triassi. Da un lato deve dare continuità al lavoro svolto nella conduzione delle indagini, nei rapporti con gli avvocati, con il Tribunale (anche questo ufficio è acefalo) e con gli avvocati; dall'altro dovrà difendersi dall'accusa di aver registrato le riunioni con l'ex capo, in momenti di particolare tensione. Una condizione più unica che rara, che ha reso la definizione del caso Nola particolarmente urgente. Una vicenda, quella delle conversazioni registrate, che merita sempre e comunque un momento di chiarezza. Come hanno spiegato al Mattino, magistrati del calibro di Domenico Airoma e Federico Cafiero de Raho (titolari della difesa in sede disciplinare di alcuni pm), non si tratta di captazioni abusive o di registrazioni usate per fini poco chiari. Ma si trattava di registrazioni che avevano lo scopo di predere le distanze dal metodo di conduzione dell'ufficio nolano che i pm non ritenevano corretto. Fatto sta che - a distanza di mesi dal trasferimento dell'ex capo dell'ufficio - la Procura nolana resta in attesa di un intervento da parte del Csm, a tutela dello stesso servizio giustizia assicurato ai cittadini.