«La gente era pazza di mio padre e io ora sono pazza di questa gente». Mentre parla, Dalma Maradona ha gli occhi pieni di Napoli. È appena rientrata in hotel dopo un giro in città. «Ma in incognito», ci tiene a precisare. «Perché altrimenti ad ogni angolo sono assalita dai napoletani che mi riconoscono e vogliono una foto». Lo dice con il sorriso sulle labbra, perché lei è innamorata di Napoli e dei napoletani, al pari di quanto i napoletani e Napoli sono innamorati di suo padre Diego.
Dalma, nata nel 1987 (l’anno del primo scudetto), è qui fino a metà della prossima settimana e la sua non è una gita soltanto di piacere perché è impegnata per le riprese in città di «La Hija de Dios».
A proposito di amore per Diego, in città non si contano gli omaggi post mortem: su tutti lo stadio a lui intitolato ma che sembrava essere off limits per le riprese del docufilm di Dalma. «L’ultima volta che sono venuta a Napoli sono stata allo stadio, si chiamava ancora San Paolo. Non appena sono stata riconosciuta mi hanno aperto ogni porta. Ecco perché ho trovato assurdo che adesso, ora che per di più è intitolato a mio padre, io non possa entrarci. Ma sono ottimista: ho parlato con il sindaco Manfredi e dobbiamo definire il giorno giusto per le riprese. Anche perché nel docufilm ci sono anche gli altri stadi dove ha giocato papà e non posso credere che manchi all’appello proprio quello di Napoli». Sarebbe la seconda grande mancanza dopo quella del club azzurro alla Maradona Cup che si è disputata a Ryad martedì sera tra Barcellona e Boca Juniors e alla quale era presente anche Dalma. «Ero lì ed è stato bellissimo poter premiare il Boca, perché facevo sfacciatamente il tifo per loro. Però devo ammettere che mi è dispiaciuto non vedere il Napoli. Ecco perché mi auguro che per la prossima edizione possano sfidarsi i campioni in carica del Boca e gli azzurri. Sarebbe davvero molto bello». D’altra parte è proprio Dalma ad essere convinta che tra Napoli e Buenos Aires ci sia un legame speciale. «Siamo due popoli molto simili molto e non mi stupisce il fatto che papà fosse così legato a questa terra. Quando ero bambina mi parlava sempre di Napoli, dei napoletani di questa terra magnifica che lo aveva accolto come un figlio».
Negli anni è tornata solo una volta, quasi in incognito. Per evitare la ressa, il caos, la folla, e anche in questi giorni sta cercando di godere degli scorci della città «sottovoce». Il suo smartphone sta già esplodendo di foto di tutti gli omaggi che Napoli e i napoletani hanno fatto a Diego, ma per ora nemmeno un selfie, perché l’immagine di suo padre vuole che sia custodita in maniera assoluta non solo nei ricordi, ma anche nelle fotografie. Per le riprese da «La Hija de Dios» si sta appoggiando alla produzione esecutiva di Bronx di Gaetano di Vaio (casa di produzione che è anche impegnata con «Il garante», il film sulla figura di Pietro Ioia) in collaborazione con la Film Commission. «Anche se non parlo bene l’italiano e non tutto ci è sempre chiarissimo nella comunicazione, mi sto trovando davvero molto bene con la produzione napoletana: devo ammettere che sono proprio fantastici».