Dl Ristori, la Regione Campania fa ricorso alla Corte Costituzionale

Dl Ristori, la Regione Campania fa ricorso alla Corte Costituzionale
di Carlo Porcaro
Venerdì 12 Febbraio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 11:04
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Ha sempre attaccato Giuseppe Conte e la gran parte dei suoi ministri quando era presidente del Consiglio, adesso che Mario Draghi si appresta a sostituirlo a Palazzo Chigi il governatore Vincenzo De Luca ne contesta anche “l’eredità” politica. È di ieri, infatti, la delibera di giunta con cui la Regione Campania ha deciso di ricorrere alla Corte Costituzionale contro il Decreto Ristori approvato il 28 ottobre del 2020 per la presunta violazione di ben quattro articoli della Costituzione (117, 118, 119 e 120). «Non siamo stati interpellati come Regione, è mancata la leale collaborazione sul riparto dei fondi», la pesante accusa mossa da De Luca al governo dimissionario in relazione ad una norma voluta dall’Esecutivo in autunno e convertito poi in legge lo scorso 18 dicembre. Una guerra mai nascosta da Palazzo Santa Lucia, alimentata su più fronti caldi da quando nacque l’alleanza giallo-rossa, dalla gestione della pandemia fino alle misure anti-crisi passando appunto per i ristori destinati ai settori più colpiti. Cinque i miliardi di euro che furono stanziati con il decreto ora considerato incostituzionale da parte di De Luca in ben sei articoli del decreto. Soldi freschi per dare un aiuto concreto alle categorie produttive rimaste ferme a causa di lockdown e varie restrizioni stabilite con i diversi dpcm.

Nel dettaglio, le disposizioni del decreto legge violerebbero le competenze della Regione Campania in merito a: sostegno alle attività sportive dilettantistiche; ristori per siti speleologici e grotte; sostegno alle strutture di ospitalità per gli studenti universitari; prestazioni di telemedicina; diagnostica molecolare; acquisto strumenti di didattica integrata, fondo recupero gap formativi. «Manca il parere delle Regioni», secondo il governatore.

Da qui il ricorso all’organo chiamato a stabilire chi ha ragione, la Corte Costituzionale. 

I fondi alle associazioni sportive dilettantistiche, per esempio, rappresentano «strumenti pervasivi di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali». 

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Le critiche mosse da De Luca all’ex ministro dello Sport, il grillino Vincenzo Spadafora, sono sempre state durissime. «Il sistema De Luca ha fallito, mi sembra evidente. Sono molto preoccupato», disse una volta l’esponente dei Cinquestelle sulla gestione pandemica in Campania. «Da Spadafora, Bonafede e Di Maio sciacallaggio e bestialità», la replica dell’ex sindaco di Salerno. Anche con il responsabile dell’Università Gaetano Manfredi vengono mosse rimostranze con questo ricorso: in merito al contributo di 3 milioni per l’anno 2021 per sostenere le strutture destinate all’ospitalità degli studenti universitari fuori sede ed i collegi universitari si prevedeva che le modalità di attuazione di tale disposizione sarebbero state stabilite con decreto del ministero dell’Università e della Ricerca violando una competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. Quanto poi ai 20 milioni di euro destinati alle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli andavano sentite le Regioni e le province autonome.

Il capitolo scuola, infine, quello più combattuto: le misure per la didattica digitale integrata dovevano essere, sempre secondo la Regione Campania, stabilite insieme tra Governo e territori. Dietro i dissidi politici, c’è una questione giuridica molto delicata da dirimere. Conte non c’è più, Draghi sarà presidente a breve, ora la parola sulla legittimità di uno degli atti più significativi dell’ex maggioranza spetta alla Consulta.
 

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