Degrado a Napoli, il cippo a Forcella ostaggio di rifiuti, spaccio e prostituzione

Degrado a Napoli, il cippo a Forcella ostaggio di rifiuti, spaccio e prostituzione
di Antonio Folle
Mercoledì 16 Settembre 2020, 20:05
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Due lapidi di plastica, una delle quali parzialmente sbiadita, coperte di erbacce che hanno soffocato la pianta di ulivo messa a ricordo di Maikol Russo, giovane abitante di Forcella assassinato dai killer della camorra. Antichissime vestigia di epoca greca - il famoso cippo a Forcella - anch'esse ricoperte di erbacce miste a rifiuti, senza una targa che indichi ai turisti, che pure non mancano, l'origine di quelle pietre portate li dagli arcaici fondatori della città intitolata alla sirena Partenope. Spaccio e prostituzione che proliferano nei vicoli e nei bassi che si irradiano da via Forcella, la strada principale del quartiere, e arrivano fino al cuore pulsante della Napoli antica. Contrabbando di sigarette alla piena luce del sole, attività esercitata anche di fronte alla biblioteca dedicata alla memoria di Annalisa Durante, giovane vittima della camorra, morta durante un conflitto a fuoco che ha visto coinvolto il rampollo di un clan che su questo territorio ha fatto - e dicono continui a fare - il bello ed il cattivo tempo.
 

 

Questa è la fotografia impietosa del quartiere Forcella, un territorio ricco di storia e di cultura, ma anche delle innumerevoli contraddizioni che caratterizzano il capoluogo partenopeo. Le illegalità - piccole e grandi - che si compiono ogni giorno in questa parte di Napoli testimoniano l'inefficacia degli interventi messi in atto dallo Stato per sradicare la criminalità dal centro storico di Napoli. 

Mentalità criminale - e quindi non solo camorra - che mostra le sue "stimmate" ad ogni passo. Basta dare uno sguardo all'ombra dell'orrenda impalcatura che ricorda il terremoto dell'80 per rendersi conto delle difficoltà a cui vanno incontro le istituzioni territoriali per gestire un territorio così complesso. La maxi discarica di ingombranti che si forma praticamente a ciclo continuo testimonia di come l'inciviltà abbia ormai preso il sopravvento sul territorio e di come i ripetuti appelli a salvaguardare l'immagine della città siano caduti puntualmente nel vuoto a causa di una situazione del tutto incancrenita.

«Quarant'anni fa, quando ero un giovane poliziotto da poco trasferito a Napoli - spiega il giornalista e scrittore Paolo Miggiano - vedevo le stesse scene di degrado e di illegalità che vedo anche oggi. Praticamente in questi anni in questo territorio non si è fatto alcun passo avanti e si continuano a tollerare atteggiamenti che andrebbero repressi. Basti pensare a piazza Calenda e all'orrore delle lapidi che ricordano il sacrificio di Maikol praticamente coperte dalle erbacce, o i resti delle mura greche coperte di rifiuti. Lo Stato non può pensare che far incontrare dei ragazzi all'interno della biblioteca Durante e legger loro qualcosa sia un mezzo efficace per strapparli alla condizione che vivono attualmente qui - continua - e specie se consideriamo quanto sia paradossale avere un punto di legalità come quella biblioteca circondato dai venditori di sigarette di contrabbando. Venire a Forcella quando sparano - continua ancora - o quando c'è la visita di qualche sottosegretario non basta e non può bastare per Forcella». 
 
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Negli ultimi anni sono nate tante realtà territoriali e associazioni che hanno cercato - al netto dei soliti e inconcludenti "cacciatori di visibilità" - di fare qualcosa per migliorare le sorti di un territorio dalle enormi potenzialità. Tante le iniziative realizzate nel corso degli anni per gridare al resto d'Italia che Napoli e Forcella non sono solo malaffare e rifiuti. Di certo, però, affidarsi al solo lavoro delle associazioni e dei volontari che le gestiscono non può essere una soluzione efficace a sconfiggere la camorra e il degrado che imperano ancora a Forcella nonostante tutto.

Ne poteva bastare, ma questo fu già sottolineato nell'ormai lontano 2015, il murales di Jorit dipinto sulla facciata di un palazzo di via Vicaria Vecchia. 

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